Tu sei qui: Storia e StorieStorie di Famiglia
Inserito da (Redazione), giovedì 16 maggio 2019 09:10:12
di Patrizia Reso
Chi mi conosce, sa che provengo dal felice incontro di due famiglie semplici ed oneste. Non appartengo a nessun nome altisonante o storico di Cava. Mio nonno paterno era operaio presso le Cotoniere Meridionali, lavoro che ebbe perché tornò vivo, ma invalido, dalla Grande Guerra. Mio nonno materno era ferroviere e fu tra quegli uomini messi precocemente a riposo, perché infangato dal licenziamento per "per scarso rendimento", motivazione che andava in voga negli ‘30/'40. Non aveva la tessera del PNF. Tentò poi, come tanti, la fortuna in America, ma tornò come partì, ricco solo di un'altra esperienza. Morì anzitempo, forse per il senso di nullità in cui fu catapultato.
Nonostante le evidenti difficoltà, questi uomini hanno cresciuto i loro figli nel rispetto degli altri, senza trasmettere sentimenti di odio o di rivalsa. I vari figli, da ambo le parti, sono stati onesti lavoratori o, in molti casi, servitori della Patria, sì, quella con l'iniziale maiuscola. Sentimenti di rispetto e di onestà che hanno trasmesso, a loro volta, alla progenie.
Difficilmente ti vergogni o ti dissoci dalle tue origini, anche se, il più delle volte, sono semplici, di gente comune. In questi giorni sono rimasta particolarmente colpita d un paio di eventi, che coinvolgono le proprie origini.
Il 5 maggio scorso, in seguito all'ennesima sparatoria che si è consumata a Napoli, spargendo sangue innocente e puro, quello della piccola Noemi, ha visto il popolo napoletano più indignato del solito. In molti hanno partecipato al corteo DisarmiAmo Napoli.
Tra i vari interventi di solidarietà, umani e popolari, che si sono avuti, uno è emerso per la genuinità, quello di Antonio Piccirillo, il cui nome non ci dice nulla se non lo associamo a quello del padre, Rosario, noto elemento della camorra napoletana. Antonio, 23 anni, così si è espresso: "Io sono Antonio Piccirillo, figlio di Rosario Piccirillo, che ha fatto scelte sbagliate nella vita. È un camorrista. Lo dicono i giudici, i giornali, le istituzioni. Io voglio lanciare un messaggio ai figli di queste persone: amate sempre i vostri padri ma dissociatevi dal loro stile di vita. Sono stili di vita che non pagano, Ci avete pregiudicato per tutta la vita e se noi figli non faremo passi in avanti in positivo, rimarremo fossilizzati in questa cultura che non paga, priva di etica, di valori, di tutto. La camorra è ignobile, ha sempre fatto schifo,, oggi come cinquant' anni fa, è sempre stata ignobile. Camorristi non rispettano nessuno!".
Un giovane ragazzo, stanco di essere considerato il figlio di, che, pur non smettendo di amare il padre, ne rinnega lo stile di vita, Quanto gli sarà costata l'acquisizione di questa consapevolezza? Manifestarsi in pubblico? Quanto avrà sofferto nel corso della sua giovane vita? Antonio è la vera speranza per il futuro di Napoli e non solo!
Altro caso che ha riempito le pagine dei giornali: Caio Giulio Cesare Mussolini, nipote di Vittorio, secondogenito di Benito, candidato per Fratelli d'Italia. Persona con un curriculum di tutto rispetto, colto, poliglotta, con grandi responsabilità lavorative. Cosa mi colpisce della sua biografia? Nato in Argentina. Pochi sanno che l'Argentina è stato uno dei paesi prediletti in cui emigrarono uomini, con responsabilità pregresse, durante il secondo dopoguerra. "Non mi vergognerò mai della mia famiglia", ha dichiarato Caio Giulio Cesare Mussolini. Basta aprire la Treccani online per trovare alcune notizie. Vittorio Mussolini "nel 1935, conseguito il brevetto di pilota, con il fratello Bruno partecipò come volontario in aeronautica alla campagna d'Etiopia, nella quale si distinse per alcune azioni belliche. Narrò delle sue imprese in un libro, Voli sulle Ambe (Firenze 1937), che gli dette una triste fama all'estero per il tono gioioso con cui rievocava bombardamenti e uccisioni. (...) Rifugiatosi in Germania subito dopo il 25 luglio 1943, collaborò attivamente con i tedeschi che, all'annuncio dell'armistizio, lo scelsero per costituire un governo fascista provvisorio, come lo definì Goebbels nel suo Diario, insieme ad Alessandro Pavolini e Renato Ricci. Nei giorni seguenti l'8 settembre fu proprio questa troika che, dalla Germania, diffuse appelli radiofonici in Italia. Alla liberazione del duce, una volta costituita la Repubblica sociale di Salò, Vittorio ricoprì la carica di supervisore delle segreterie del padre, ma di fatto il suo ruolo fu quello di collaboratore fedele senza alcuna vera funzione. Quasi per caso non si aggregò con la colonna del duce che lasciò Milano per il lago di Como e, grazie a questa circostanza, riuscì a salvarsi. Dopo essersi nascosto per qualche mese in istituti religiosi, prima a Como poi in altre città, alla fine del 1946 si imbarcò clandestinamente per l'Argentina, meta privilegiata dell'emigrazione politica postbellica, servendosi di un passaporto falso".
Se fossi stata una responsabile di partito, avrei chiamato a candidarsi Antonio Piccirillo, vera speranza per l'Italia.
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