Tu sei qui: Storia e StoriePost 8 marzo: rivendicazione dei diritti e autodeterminazione le parole d'ordine
Inserito da (Redazione), sabato 9 marzo 2019 11:33:35
di Patrizia Reso
Dopo il rigoroso silenzio che mi sono imposta per l'8 Marzo, silenzio derivato dall'inflazione dei commenti anacronistici relativi a questa Giornata, eccomi di nuovo qui.
La Giornata Internazionale della Donna è stata istituita formalmente dall'ONU nel 1977. Fu un riconoscimento di fatto, perché era stata già scelta negli anni per ricordare le lotte sostenute dalle donne per l'approvazione dei propri diritti, e questo per tutta una serie di storie e leggende in merito.
Nel '77 avevo solo venti anni ed ero, come tantissime ragazze mie coetanee, già fortemente impegnata per la conquista dell'uguaglianza sociale, economica e giuridica di genere.
Non abbiamo mai parlato di uguaglianza di sesso! Di liberazione sessuale, autodeterminazione sì, ma perché esistevano ancora i matrimoni combinati e tante altre discriminazioni. Oggi, a distanza di tanti anni, bisogna ricominciare proprio da questo, poiché la cultura patriarcale dominante, anche e non solo in campo economico, ha volutamente svilito e riformulato, con fini strumentali politici, sino a trasformare una giornata di lotta in una festa, che tra gli anni '80 e '90 è degenerata fino all'organizzazione di "cenette" con tanto di spogliarellisti, pagati anche 250 euro a esibizione (ora immagino i soliti misogini da tastiera sbizzarrirsi nei commenti...). Molte donne hanno pensato di liberarsi accettando acriticamente queste modalità, senza realizzare che non hanno fatto altro che incrementare il mercato economico patriarcale. Nessuna morale, solo una constatazione economica.
Ritornando all'8 Marzo, le parole d'ordine sono state sempre rivendicazione dei diritti e autodeterminazione. Oggi molte ragazze non sanno che, se esiste una movida notturna alla quale possono partecipare, è solo per le tante battaglie contro gli schemi reimposti condotte dai movimenti femministi, iniziando dagli orari. Il genere femminile era costretto a ritirarsi non più tardi delle 20,30/21, altrimenti si era etichettate automaticamente come una puttana. Epiteto sessista che fioccava anche se una donna entrava in un bar per un caffè oppure se osava accendere una sigaretta per strada!
Stiamo parlando degli anni Settanta, non Quaranta...
Se si andava in Irpinia, non necessariamente in terra calabra o sicula, le donne vestivano ancora di nero, avevano il "maccaturo" nero in testa e le gonne lunghe fino alle caviglie. Chi osava depilarsi sotto le ascelle o, le più irsute, in viso, era considerata una "poco di buono", altro eufemismo per puttana. Per quanto riguarda l'aspetto semantico e grammaticale, rimando ad un video di Paola Cortellesi, registrato in occasione del David di Donatello dello scorso anno.
Non parliamo poi dei processi che si facevano per stupro! Era sempre la donna causa di se stessa, da vittima sempre carnefice per il solo fatto di essere donna. Proprio come oggi moltissimo uomini, a livello locale (Meridione Nazionale alias Lega), a livello nazionale (manifesto di Crotone, alias Lega), a livello internazionale (brochure 8 marzo Ficsak, Ungheria, alias sovranismo ungaro), non fanno altro che sviluppare concetti pretestuosi per scrollarsi delle proprie secolari responsabilità e riversare tutte le colpe sulle donne, doppia dose per quelle che si impegnano per il riconoscimento dei propri diritti. Chi vuole mettere in discussione queste parole può limitarsi a visionare, non leggere o ricercare che potrebbe essere troppo impegnativo, dicevo visionare un altro video, sempre reperibile su Youtube, del processo che si celebrò nel 1978 per il caso di stupro a Fiorella (non fu mai reso noto il cognome), nella capitale, che vide la pubblica accusa dell'avv. Tina Lagostena Bassi. Ricordo in questo contesto solo uno, dei tanti vergognosi passaggi, dell'avvocato di difesa dei violentatori: "Signori, una violenza carnale con fellatio può essere interrotta con un morsetto: passa immediatamente la voglia di continuare l'atto, quindi non si coniuga con l'ipotesi di violenza. Anzi, è incompatibile. (Con la fellatio) il possesso è stato esercitato dalla ragazza sui maschi, dalla femmina sui maschi, è lei che prende, è lei la parte attiva. Loro sono passivi, inermi. Abbandonati nelle fauci avide di costei".
Per concludere questo lungo scritto, vi propongo un ulteriore video, questa volta si tratta dell'ormai tanto vituperato Roberto Benigni, mentre recita Talmud e Whitman.
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