Tu sei qui: Storia e StorieIl primo mezzo secolo di Annamaria Panariello, una vita per l'arte
Inserito da (Redazione), venerdì 20 ottobre 2017 15:50:08
di Patrizia Reso
Annamaria Panariello, che ha visto il suo affacciarsi nel mondo artistico con lo pseudonimo di Nanà, ha compreso di essere portatrice di un'arte innovatrice e originale negli anni Novanta, quando si manifestava nel creare oggettistica dagli scarti in argilla, già cotti dei laboratori di ceramica. All'epoca le era sufficiente un girasole e un po' di corda per trasformare lo scarto in un gradevole e originale soprammobile. Da allora, tra folli studi, rubati al tempo, esperienza accumulata, positiva e negativa, la guida del maestro Raffaele Graziano che l'ha avviata alla pittura, ha compiuto molta strada ed il suo impegno finalmente, ha ricevuto le meritevoli soddisfazioni e riconoscimenti. Il tutto è coinciso col suo cinquantesimo anno anagrafico.
Nel corso di questi anni la sua arte si è evoluta, si è sprigionata con mille sfaccettature. La Panariello è cresciuta molto, come donna e come artista, e il suo è sì uno spirito artistico, ma anche provocatorio, tanto da renderla un'artista sui generis e le sue opere si trasformano in denuncia. "Non sono solo un grido di gioia o di dolore, ma una voce contro la violenza che si perpetua nel tempo", nonostante l'evoluzione sociale e tecnologica dell'uomo.
Annamaria Panariello è entrata anche tra i 100 artisti fondatori del primo Museo di Arte Contemporanea, che è stato inaugurato lo scorso anno nel comune di Santa Marina di Policastro, museo che ha iniziato a prendere vita attraverso le donazioni di opere pittoriche e scultoree di vari artisti contemporanei, nato per valorizzare i numerosi talenti odierni e creare un polo alternativo di cultura.
Dallo scorso anno per la Panariello ha avuto inizio una graduale ascesa, che di certo non si fermerà con l'ultimo riconoscimento ricevuto : il prestigioso Leone Alato di Venezia, in seguito alla partecipazione al Padiglione Guatemala con la sua splendida scultura in ceramica raku "Arte riflessa", "che rappresenta un invito alla riflessione rivolto all'umanità intera".
In genere la Panariello non dà titoli alle sue opere, perché "ritengo che mettere un titolo equivale a limitare l'interpretazione dell'opera. In tal modo ognuno è libero di leggere le proprie emozioni che vi riconosce".
Durante questo fruttuoso anno, numerose sono state le occasioni in cui la Panariello ha potuto manifestarsi e farsi apprezzare. Non possiamo certo ricordarle tutte, ma ci soffermeremo solo sulle tappe più salienti.
"Tra queste decisamente c'è l'esposizione di Arte Salerno 2016, dove sono stata selezionata, insieme ad altri artisti dal critico d'arte Vittorio Sgarbi, dopo ho partecipato alla mostra Caput Mundi, dove oltre a ricevere la targa di selezione Sgarbi, mi è stata offerta la possibilità di partecipare ad Arte Firenze. E' seguita poi il Premio Internazionale di Arte Contemporanea presso la Galleria Mediolanum di Padova, dove sono stata premiata con l'esposizione gratuita per alcuni mesi.
Ad Arte Salerno di quest'anno ho partecipato col Busto spinato, che intende rappresentare il percorso tortuoso dell'uomo, anche se il busto è femminile. Il genere femminile è ricorrente perché è decisamente più ricorrente la violenza che si perpetua sulla donna. Inoltre le mie opere di genere hanno sempre un duplice fine, anche quello di voler sensibilizzare le persone alla lotta contro i devastanti tumori alla mammella e all'utero".
Tante piccole e grandi tappe, ci limitiamo a menzionare Bourboule, Parigi (Francia) attraverso le quali la Panariello è giunta a Venezia.
"E' stata un'esperienza semplicemente meravigliosa. Respirare la stessa aria di grandissimi artisti internazionali mi ha donato infinite emozioni. Queste emozioni le dedico a mio padre, che ha sempre creduto in me". Oltre a ricevere il Leone Alato, l'artista cavese è stata inserita nel catalogo prodotto da Artetra ed entrata fieramente anche nel numero di ottobre di Arte Mondadori.
Un altro riconoscimento che le ha permesso di affermarsi ulteriormente attraverso la sua arte è stato l'aver ricevuto il Premio Albori, a settembre scorso, per la sezione scultura/ceramica.
"Ho conosciuto tante belle persone! Persone di spessore, persone di cultura, Giorgio Grasso, Danieli Radini Tedeschi, Federico Caloi... Di questo sono grata alla vita. Continuo a meravigliarmi di me stessa! Non so neppure io come ho fatto a fare tanto cammino ... Mi sento senza dubbio più forte, ma avverto ancora tutta la fragilità che ha caratterizzato la mia vita e continuo a sognare come un tempo".
Annamaria Panariello ha ancora molti progetti per il futuro, uno in particolare esula dalla ceramica, dalla scultura, realizzare un film, di tipo amatoriale, un cortometraggio. Fascino e malia per i fotogrammi da dove originano? "Dal tema. Un tema non semplice, anche se si manifesta sotto molteplici aspetti già nelle mie opere, l'Ossessione, sento la necessità di approfondire anche con altri strumenti. Un film che parli della violenza, non solo quella fisica ma anche di quella strisciante psicologica, che non si vede, ma miete tante vittime. Che parli della violenza a 360°".
Che dite? Non possiamo che augurarglielo!
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