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Cronaca

Tragedia sull'A30, alla sbarra Antonio Sorrentino

Inserito da Il Mattino (admin), giovedì 13 giugno 2002 00:00:00

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Ecatombe sulla Caserta-Salerno: a giudizio due funzionari delle «Autostrade Spa». Si è chiuso il cerchio intorno ai presunti responsabili di un maxi-tamponamento, avvenuto nel giugno del 1996 nei pressi del casello di Sarno dell'A30, in cui persero la vita quattro persone, tra cui una donna di Cava de' Tirreni, Eugenia Grimaldi. Il Gup del Tribunale di Nocera Inferiore, Pietro Giocoli, ha deciso che vi sarà bisogno di un regolare processo per chiarire le eventuali responsabilità di due funzionari addetti alla manutenzione del tratto autostradale in cui si verificò la tragedia. Si tratta di Antonio Sorrentino, geometra di Cava, e del romano Armando Calà. Secondo le accuse, la società che gestisce la maggior parte dei tronchi autostradali della Penisola non avrebbe messo in atto tutte le cautele necessarie per la tutela della sicurezza degli automobilisti. Infatti, l'incidente, datato 16 giugno '96, fu provocato dal rogo di alcuni pneumatici di autotreno, ammassati al di sotto della sede autostradale, che qualcuno aveva «pensato bene» di dare alle fiamme. Il tamponamento a catena si verificò su un cavalcavia a poche centinaia di metri dal casello di Sarno. Due autoarticolati sbandarono paurosamente a causa della fitta coltre di fumo che aveva invaso le corsie, provocando un autentico disastro. Alla guida dei due mezzi pesanti, uno Scania ed un Iveco, il barese Tommaso D'Ammaco e Silvio Magro, autotrasportatore di Creta, entrambi rinviati a giudizio nei mesi scorsi per omicidio colposo. Ma, come è emerso dalle indagini successivamente condotte dal sostituto procuratore Elena Guarino, le responsabilità non sarebbero limitate ai soli camionisti. L'area sottostante il cavalcavia, infatti, pare non fosse stata debitamente recintata in modo da evitare l'accesso ai non autorizzati. La scarsa illuminazione del viadotto e, soprattutto, la mancanza di barriere tra una corsia e l'altra avevano fatto il resto. La signora Eugenia Grimaldi, infatti, che stava rientrando a Cava de' Tirreni, non morì a causa del tamponamento, ma le fu fatale l'aver cercato di scavalcare il viadotto nel tentativo di raggiungere l'altra corsia, per timore di essere travolta dalle altre auto in corsa. La donna, accecata dal fumo sprigionato dal rogo delle gomme bruciate, non si accorse dello spazio che intercorre tra le due corsie del viadotto, precipitando nel vuoto. A perdere la vita in quella tragica notte furono anche Giuseppe e Nicola Parisi, di Poggiomarino, ed il sianese Salvatore Aliberti. Circa quindici, invece, i feriti che dovettero ricorrere alle cure dei sanitari, per fortuna senza riportare gravi conseguenze. Si tratta di Salvatore Passafiume di Cava, dei salernitani Mario Cerusi e Giulia Renzi, di Raffaele e Luigi Ferraioli, Angela Avino e Raffaele Palumbo, tutti di Pagani, dei tre militari Antonio De Simone, Massimiliano Magliaviello e Paolo Senco, di Tullio Maddaloni di Pomigliano D'Arco, del camionista maltese Devis Malcom e della cittadina rumena Elena Nudu. Una vera e propria ecatombe, causata principalmente dal gesto criminale di chi aveva deciso di ripulire il terreno adiacente l'autostrada appiccando il fuoco alle decine di vecchi copertoni di tir abbandonati lì da mesi. Nel processo che prenderà il via nel prossimo mese di ottobre, dunque, saranno da chiarire le posizioni dei due funzionari della «Autostrade Spa.». A chiedere giustizia sono soprattutto i familiari di coloro che persero la vita nell'incidente, rappresentati dagli avvocati Patrizia Macario ed Edoardo Sorrentino.

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