Tu sei qui: CronacaPizzo, in aula altri due imprenditori
Inserito da Il Mattino (admin), lunedì 13 maggio 2002 00:00:00
Nuovo colpo di scena nel processo sulle estorsioni ai commercianti. Mentre viene rinviata l'audizione degli agenti della Polizia che parteciparono alla retata contro i tre presunti affiliati al clan Bisogno, saltano fuori altri due testi: Ciro Lodato ed Antonio Stabile. Secondo la testimonianza dell'imprenditore Gerardo Pisapia - finora teste chiave dell'inchiesta partita con la denuncia contro Vincenzo D'Elia (nella foto in alto, difeso dall'avvocato Rodolfo Viserta), Pierangelo Pezzella (avvocato Giovanni Annunziata) e Guerino Lambiase (difeso dagli avvocati Marco Salerno e Maurizio Mastrogiovanni) come presunti estorsori - due suoi colleghi avrebbero assistito all'incontro di due anni fa davanti alla Tribuna centrale dello stadio per la consegna del pizzo. La rivelazione è venuta fuori durante il controinterrogatorio, tenutosi nelle precedenti sedute dibattimentali. Pisapia avrebbe indicato la presenza di suoi due conoscenti, Lodato e Stabile, che «gli avrebbero detto alcune cose sul conto dei tre uomini che lo stavano aspettando». Il 28 giugno, data della prossima seduta, verranno ascoltati in aula. La difesa li chiamerà a deporre come testi cosiddetti indiretti, perché richiamati dalla stessa testimonianza dell'accusatore. È chiaro che, in questa fase del processo, si aspettano le prossime udienze per cercare di trovare delle conferme o delle smentite a quello che ora appare un faccia a faccia tra l'imprenditore cavese ed i suoi presunti taglieggiatori: D'Elia, Pezzella (nella foto al centro) e Lambiase, coinvolti con l'accusa di estorsione con metodi camorristici. Il collegio difensivo confida nella testimonianza di ben tredici testimoni per riuscire a scardinare l'impianto accusatorio. Tra le prove da confutare, l'incendio ad un camion di proprietà di Pisapia, imprenditore nel settore dei trasporti. L'episodio, regolarmente denunciato, sarebbe stato archiviato per la mancanza di prove che confermerebbero l'ipotesi di attentato incendiario. Secondo la tesi difensiva, a causare l'incendio sarebbe stato un banale cortocircuito. Ma non basta: per gli avvocati difensori anche le 300mila lire, riscosse in occasione dell'arresto, riguarderebbero l'estinzione di un credito. D'Elia avrebbe anticipato la somma necessaria proprio all'acquisto di una cabina per camion. Il 17 novembre del 2000, secondo la deposizione del teste chiave, l'appuntamento con Pezzella, D'Elia e Lambiase (nella foto in basso) era previsto per le 19. Prima di recarsi all'incontro Gerardo Pisapia avrebbe avvertito i poliziotti, indicando il luogo e l'orario fissato per il pagamento del presunto pizzo. Ma, una volta davanti alla Tribuna centrale, in via Mazzini, avrebbe azionato il registratore per conservare su nastro l'intero colloquio e la richiesta dei soldi. Intanto, l'intero quartiere era stato accerchiato dagli uomini dell'Anticrimine, diretti dal vicequestore Sebastiano Coppola. E così, nello stesso istante in cui D'Elia afferrò le banconote da 300mila lire, gli agenti gli piombarono addosso. Insieme a lui furono arrestati anche Pezzella e Lambiase.
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