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Inserito da (admin), giovedì 24 marzo 2005 00:00:00
Era pronto per rientrare in Italia. Qualche ora prima l'agguato: sequestrato in casa e minacciato con una pistola dai banditi, intenzionati a mettere le mani sugli aiuti umanitari raccolti in Italia. Lui, parroco cavese, riesce a fuggire e chiedere aiuto alla Polizia. È la storia di padre Valerio Fasano, da tutti conosciuto come il giovane parroco di San Pietro, da tre anni impegnato in missioni umanitarie. Solo oggi, a qualche mese di distanza dall'accaduto, padre Valerio racconta quegli attimi di terrore vissuti nella sua ultima missione a Montesanto, in Brasile. Una testimonianza toccante nella giornata dei Martiri Missionari, celebrata dalla Chiesa il 24 marzo. Non un atto di eroismo né tanto meno una resa, ma l'impegno di voler continuare. Padre Valerio è stato vittima di tre assalti. Le chiamano così in Brasile le aggressioni dei banditi locali. È la guerra dei poveri contro i poveri. Padre Valerio è stato assaltato due volte in strada. L'ultima poco prima del suo rientro in Italia. «Dopo aver celebrato la messa delle 18 - racconta - come facevo di solito sono rientrato a casa. Alle 21 sarei dovuto partire per rientrare in Italia. Dinanzi alla porta si presentarono cinque giovani, tra i quali avevo riconosciuto due ragazzi della parrocchia. Probabilmente i banditi li avevano minacciati. Si presentarono come giovani della Chiesa. Mentre offrivo loro dell'ananas, uno di questi estrasse una pistola ed ordinò ai presenti di distendersi a terra». Poi minacciano il sacerdote: vogliono i soldi. «Cercai di farli riflettere. Dissi loro di essere un prete, ma mi risposero di non cambiare discorso e di fare in fretta. Terrorizzato dalle circostanze e dalla paura che avrebbero portato via gli aiuti raccolti ed il materiale del parroco, li feci salire al piano superiore. Qui, forse con imprudenza, diedi uno spintone al giovane con la pistola e chiesi aiuto dalla finestra alla tanta gente che era in strada. Gridai con forza e disperazione, ma nessuno mi diede retta». Uno dei banditi colpisce padre Valerio al mento. «Non avevo scelta: li condussi nella mia camera e consegnai loro 350 reais (circa 110 euro). Ne presero poi altri 150, che avevo conservato per il viaggio. I soldi dovevano essere consegnati al parroco prima della partenza. Ebbi tempo per una seconda reazione e scappai per le scale. Passai sui corpi degli altri e fuggendo per il garage arrivai in strada. Entrai nel bar sotto casa e chiesi aiuto». In questi tre anni padre Valerio ha prestato la sua opera nelle favelas della periferia di Salvador e nella città di Montesanto, collaborando con i missionari della Consolata, in particolare con padre Porcelli di Dragonea. L'odore del coltello puntato sulla guancia non è l'unico che padre Valerio ricorda. Sente ancora forti le grida dei bambini grondanti di sudore dopo una delle loro partite nei campetti realizzati grazie alla generosità dei cavesi e con l'aiuto dell'Associazione "Misericordia" di Cava. «Sono stati raccolti molti aiuti per le famiglie povere, le scuole, i giovani. Piazzette degradate sono diventati centri sportivi, con l'acquisto di reti, palloni e tavoli di ping pong. Sono state raccolte scorte di medicinali, materassi e materiale di avviamento al lavoro». Padre Valerio ha svolto anche attività parrocchiale. A farlo rientrare in Italia è stata una malattia tropicale contratta sul posto. Appena le sue condizioni di salute sono migliorate, è tornato d'urgenza in Italia per continuare le cure, viste le carenze dell'assistenza sanitaria locale e la difficoltà nel reperire medicinali. Oggi è a Cava e continua la sua opera in vista di un suo prossimo ritorno in Brasile.
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