Tu sei qui: CronacaLegge 488, le modifiche da apportare
Inserito da Il Denaro (admin), giovedì 31 gennaio 2002 00:00:00
La legge 488 gode di un modello di valutazione efficace, per trasparenza e rapidità d'intervento, ma è necessario riflettere su alcuni perversi effetti dello strumento in termini di impatto socio-economico prodotto. La legge, quindi, nella sua filosofia e nei suoi obiettivi, merita di essere salvata, ma necessita di una rivisitazione nelle modalità di applicazione. La concorrenza esasperata tra le aziende, registrata dalla notevole quantità di domande pervenute negli ultimi bandi, spinge le stesse (nell'obiettivo di mantenere alta l'opportunità di acquisire i fondi) a proporre parametri progettuali spesso molto lontani dalle condizioni di equilibrio, economicità ed affidabilità aziendale. Ciò accade, purtroppo, per il particolare funzionamento del sistema di valutazione dei progetti. Analizzando quest'ultimo in dettaglio, è facile rilevare le imperfette relazioni di funzionamento degli indicatori. Un primo indicatore è costituito dal quoziente fra mezzi propri e capitale investito nell'iniziativa. Un secondo è rappresentato dal quoziente tra la percentuale di agevolazione massima richiedibile (100 per cento) e quella effettivamente richiesta (espressa come percentuale della massima): si tratta dell'indicatore «di efficienza della spesa pubblica», che dovrebbe tendere in linea di principio a far sì che per ogni lira pubblica sia massima la quantità d'investimenti azionata e quindi, teoricamente, il beneficio economico-sociale. Per quanto concerne le relazioni tra detti indicatori, ad una maggiore richiesta di agevolazione corrisponde una riduzione dell'apporto dei mezzi propri e viceversa. Ovviamente, tutto ciò avviene nel caso in cui la differenza di fabbisogno che scaturisce dal piano d'investimenti non sia coperta con debiti a medio e lungo termine.
Mezzi di terzi
Tale meccanismo induce le imprese a ridurre la richiesta di agevolazione, compensando questa riduzione con mezzi di terzi, cioè attraverso mutui (facendo leva sul solo secondo indicatore) o con ulteriori risorse di capitale dei soci. La presenza di una bassa richiesta di contributo nel programma diviene, così, elemento determinante per risalire posizioni in graduatoria. Conseguenza di tale approccio è, nell'impresa, sotto il profilo finanziario-patrimoniale, il peggioramento del rapporto di indebitamento, per la presenza forzata del mutuo previsto a copertura delle agevolazioni sacrificate, e, dal punto di vista economico, l'incremento dei costi d'esercizio per la contabilizzazione degli oneri finanziari connessi all'indebitamento.
Autofinanziamento
Anche se si sostituisce il contributo sacrificato per le ragioni anzidette con corrispondenti fonti di capitale proprio (in tal caso, facendo leva su entrambi gli indicatori), le cose non vanno diversamente. Infatti, essendo già predeterminato in ciascun progetto il margine di utile aziendale in funzione delle previsioni economiche derivanti dalla realizzazione del progetto, ne consegue, nell'azienda, un maggior capitale da remunerare in termini di dividendi. Di qui, una riduzione dei fondi da destinare negli esercizi successivi all'autofinanziamento dell'impresa, penalizzando la futura capacità d'investimento. Egualmente dannosa risulta, perciò, la sostituzione di parte dei contributi a fondo perduto con un incremento del capitale di rischio, non essendo questo una fonte non onerosa per l'azienda. Altre distorsioni delle condizioni d'operatività aziendali si verificano se, sempre nell'obiettivo di perseguire una posizione migliore in graduatoria, l'impresa incrementa oltre misura gli occupati azionati dall'iniziativa, parametro che, rapportato al capitale investito, rappresenta un ulteriore indicatore di valutazione. Oppure se si fa un uso esasperato dell'indicatore ambientale, per il connesso costo aziendale necessario per l'adeguamento della struttura (Iso 14001 ed altre certificazioni compatibili).
Indicatore di efficienza
L'anomalia di funzionamento dell'indicatore di efficienza della spesa pubblica trova medesimo riscontro se si pone la questione sotto un altro punto di vista. Ciascun'area del Paese è caratterizzata da livelli prefissati di competitività delle imprese, funzione delle condizioni strutturali di operatività delle stesse (dotazione infrastrutturale, efficienza della Pubblica Amministrazione, etc.) mentre, all'opposto, i dislivelli di competitività sono convenzionalmente misurati, a livello comunitario, dal massimale di agevolazione richiedibile (Esl o Esn) fissato nella Carta degli Aiuti di Stato. Nessun'azienda, perciò, può modificare tali sfavorevoli condizioni strutturali a sua discrezione, cioè attraverso le proprie capacità gestionali, se non in piccolissima misura. Ne consegue che un livello di agevolazione troppo esiguo può non essere sufficiente ad operare la compensazione del deficit di competitività dell'impresa connesso alla localizzazione dell'iniziativa. In definitiva, emerge che l'obiettivo di maggiore efficacia ed efficienza nella gestione delle risorse pubbliche (dato dalla funzione di massimizzazione degli impatti prodotti dal sistema di indicatori) diventa un risultato solo apparente. Di fatto, invece, si rilevano meccanismi distorsivi nella configurazione dei parametri aziendali delle imprese beneficiarie, con un peggioramento delle condizioni di rischiosità e di equilibrio delle stesse imprese, che, nel medio-lungo periodo, possono portare ad un incremento del tasso di mortalità delle iniziative finanziate, compromettendo il raggiungimento dell'obiettivo socio economico rilevato in una frettolosa valutazione ex ante. Per le considerazioni esposte, particolare attenzione allo strumento deve essere prestata dagli imprenditori, che non devono farsi tentare dalla ricerca esasperata di ottenere il contributo, se la distribuzione dei fattori produttivi interna alla loro azienda non convince. La Pubblica Amministrazione, da parte sua, ha il compito di meglio analizzare le condizioni economiche e finanziarie di funzionamento del sistema delle imprese, neutralizzando i descritti elementi di disturbo nella configurazione dei fattori produttivi e proponendo strumenti in piena armonia con tale sistema. In caso contrario, nel lungo periodo, gli incentivi finanziari saranno inefficaci, perdendo quella capacità di innescare l'auspicato meccanismo autopropulsivo di sviluppo.
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