Tu sei qui: CronacaLe estorsioni ai commercianti nei nastri registrati da Pisapia
Inserito da Il Mattino (admin), lunedì 29 ottobre 2001 00:00:00
Saranno riascoltate e trascritte da un perito tutte le intercettazioni ambientali raccolte da Gerardo Pisapia, l'imprenditore testimone anti racket, titolare di un'impresa di trasporti della zona industriale, coinvolto nel processo contro Vincenzo D'Elia, Pierangelo Pezzella e Guerino Lambiase, i tre presunti affiliati al clan Bisogno.
Lo ha annunciato, nel corso della prima udienza dibattimentale, il giudice Diletto, che ha fissato al 7 novembre la prossima seduta per il conferimento dell'incarico. E così le prove raccolte dallo stesso imprenditore, che collaborò nel novembre scorso con la polizia, facendo arrestare davanti alla tribuna dello stadio comunale Simonetta Lamberti (nella foto) i suoi presunti estorsori, entreranno a pieno titolo nei fascicoli del processo solo dopo un primo esame tecnico che ne saggerà la loro autenticità. La decisione ha visto concorde sia l'accusa rappresentata dal pm Filippo Spiezia che la difesa (Marco Salerno e Maurizio Mastrogiovanni, legali di Lambiase, Giovanni Annunziata, difensore di Pezzella, e Rodolfo Viserta, avvocato di D'Elia).
Le cassette
Si tratterebbe di dialoghi scottanti. Cassette registrate dal testimone chiave, con puntuali «stop» sulle presunte intimidazioni e richieste. Pisapia, imprenditore nel ramo dei trasporti (aveva i suoi camion parcheggiati nel retro dello stadio comunale di fronte alla curva sud), non si sarebbe limitato a depositare una denuncia presso gli uffici del commissariato. L'uomo avrebbe vestito i panni dell'investigatore. Per cautelarsi si sarebbe munito di prove, partecipando ai diversi incontri con un registratore. Nell'impianto accusatorio si parla di più cassette e, dunque, di più appuntamenti. L'imprenditore sarebbe stato costretto a pagare quasi con cadenza quotidiana il «pizzo», modiche somme dalle 50 alle 300mila lire. Nelle intercettazioni sarebbero riportati alcuni stralci dei dialoghi fra i presunti affiliati ed il teste chiave. Brevi colloqui, qualche battuta, nulla di più, ma forse già tanto. Il 17 novembre dello scorso anno l'appuntamento era fissato per le 19. L'uomo, prima di recarsi all'appuntamento, avrebbe avvertito i poliziotti dell'orario e del luogo dell'incontro. Ed una volta davanti alla tribuna centrale in via Mazzini avrebbe premuto il tasto play del registratore. La zona era già accerchiata dagli uomini dell'anticrimine, diretti dal vicequestore Sebastiano Coppola. I tre furono arrestati proprio mentre afferravano le banconote di 300mila lire. Per loro l'accusa di estorsione con metodi camorristici (articolo 7). Diverso il commento della difesa, che sin dalle prime ore dopo l'arresto ha motivato quella riscossione (300mila lire) come il saldo per un credito acceso in seguito all'acquisto di una cabina per camion. Diverso è anche il cammino giudiziario dei tre imputati: per Guerino Lambiase, l'unico dei tre a non presentare pendenti per associazione camorristica, il giudice ha interrotto la misura di custodia cautelare in carcere. Per gli altri due, invece, l'accusa ha richiesto l'acquisizione della sentenza contro Pezzella e D'Elia (rispettivamente 9 e 4 anni e 6 mesi di reclusione) del processo Bisogno. Un precedente che potrebbe provare l'imputazione di associazione a stampo camorristico (416 bis).
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