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Le detenute: "Giudici, guardateci negli occhi"

Inserito da (admin), martedì 22 marzo 2005 00:00:00

«Sappiamo bene che il compito della magistratura è basato molto sulla lettura degli atti, ma quanti di loro guardano negli occhi la persona che hanno di fronte?». E' uno dei tanti interrogativi posti dalle detenute in Campania e che hanno trovato spazio in un'indagine conoscitiva interna alle Case Circondariali della nostra Regione. Il lavoro è stato presentato ieri pomeriggio al Palazzo di Città di Salerno. Il quaderno della Consulta Regionale Femminile ha puntato i riflettori sul mondo della donna tra le mura carcerarie. Una sorta di carta d'identità della detenuta di oggi. Uno strumento utile per poi avviare progetti di integrazione post-pena. Dall'indagine è emerso che il 60,5% delle recluse sono italiane. Il 13,2% ha fatto uso di stupefacenti, il 46,1% è finita dietro le sbarre per traffico di droga. Tra gli altri reati, il furto, la rapina, le estorsioni, la ricettazione, l'associazione camorristica, il porto d'armi abusivo ed il contrabbando. «Da questo studio - ha sottolineato Mario Della Valle, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Salerno - emerge un dato molto significativo: le donne che arrivano in carcere hanno un livello d'istruzione molto basso. La maggior parte ha raggiunto a stento la licenza elementare o media. Dietro di loro, poi, si nascondono storie di intimidazioni e violenze tra le mura domestiche, che ne hanno determinato il percorso di vita». Donne invisibili, come le ha definite Consuelo Ascolese, consigliere delegato alle Pari Opportunità del Comune di Salerno, che quotidianamente si scontrano con un mondo carcerario tutto al maschile. Tra le difficoltà evidenziate attraverso l'indagine, le detenute hanno posto al centro dell'attenzione le loro paure sul dopo carcere. E seguendo questo input si è già al lavoro per la creazione di proposte alternative: dall'integrazione di attività all'interno degli istituti penitenziari alla creazione di cooperative o offerte di lavoro interinale. «È necessario pensare a percorsi alternativi per il reinserimento delle donne in società al termine della pena, al fine di aiutarle a riscoprire nuovi orizzonti», ha detto Emilia Taglialatela, presidente della Consulta Regionale Femminile della Campania. Dal questionario vengono fuori storie di donne che avvertono forte il disagio della libertà, come ritorno al punto di partenza. «Per la maggior parte delle intervistate - racconta Erminia Bosnia della Consulta Regionale - non è semplice gestire l'allontanamento dai propri figli e, di conseguenza, recuperare il rapporto con loro stesse». Sulla necessità di riservare loro una maggiore attenzione, Paolo Carbone, avvocato penalista, parte dai testi legislativi: «Alla vigilia di questo incontro volevo approfondire il tema e mi ha stupito non aver trovato un paragrafo, dico uno, dedicato alla donna detenuta». 3.000 sono le detenute in Italia. Una piccola percentuale rispetto agli uomini. E Salerno è conforme alla media nazionale: nella Casa circondariale di Fuorni attualmente una trentina sono le donne. Una di loro è venezuelana, di origine colombiana. «Durante un colloquio con la mia connazionale - ha detto Carmen Jimenez Valera, Ambasciatrice-Console Generale della Repubblica Boliviana del Venezuela - sono rimasta piacevolmente sorpresa dall'attività di assistenza del gruppo di volontariato».

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