Tu sei qui: CronacaLa movida che rovina la città: a Cava de' Tirreni bottiglie di birra tra portici e monumenti
Inserito da (ilvescovado), mercoledì 26 aprile 2017 17:55:09
Di Adriano Rescigno
Paul Klee affermava questo dell'arte: «L'arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è», ma se si trascorre il fine settimana a Cava de' Tirreni è possibile un tour che passa per le più alte forme di inciviltà, incuria e mancato amore per la propria città. Il punto di partenza del nostro percorso lo poniamo in quel di Piazza Ferrovia, alla bocca dell'esofago della movida cavese. Giungiamo in fretta su Corso Umberto I che trasversalmente percorso ci porta dinanzi al Palazzo di Città. Eccoci in Piazza Eugenio Abbro, dedicata ad un sindaco della città per ben cinque lustri. Svetta imponente il monumento ai caduti di tutte le guerre, un altare sormontato da una stele con su la Vittoria Alata, opera di Francesco Jerace che nel 1929 viene portata a battesimo da Vittorio Emanuele III Re d'Italia appositamente giunto in città. Ma di questo i giovani non si interessano: a notte fonda saltano come grilli sui gradoni dell'altare e fanno gara a chi urla di più. Come bomboniere in una cristalliera, bicchieri e bottiglie vengono sistemati sul monumento.
Di fronte Piazza Eugenio Abbro c'è largo Bonifacio VIII, la cui denominazione onora il Papa che ha elevato le terre ‘'de la Cava'' al rango di Città. Ebbene, questo spazio viene adibito quotidianamente a campo sportivo su due livelli: un susseguirsi impressionante di pallonate che mettono in pericolo passanti e automobilisti nonché gli stessi partecipanti. Basta un attimo: si sbaglia uno stop, il pallone rotola via e chi è sorteggiato per andare a recuperarlo rischia di finire sotto una macchina. All'ennesimo lampione rotto, i vigili urbani non possono far altro che sequestrare il pallone, che puntualmente viene riacquistato e siamo punto e a capo. Di sfondo a questo teatrino ci sono le mura dell'adiacente Duomo di Santa Maria della Visitazione, cattedrale dell'arcidiocesi Amalfi-Cava de' Tirreni, ridipinte in stile new age da indecifrabili murales (quelli comprensibili non è il caso di riportarli). Povero Don Rosario Sessa, che più volte ha dovuto far ridipingere le porte verdi del Duomo perché ricolme di dediche d'amore scritte con il correttore bianco.
Ritorniamo al nostro tour. Non facciamo caso al tappeto di bicchieri, cartacce, bottiglie e residui vari che fiorisce sulle scale del Duomo e ci immettiamo definitivamente sul Corso. E nonostante la cospicua quantità di contenitori per la spazzatura, i rifiuti sono ai piedi delle colonne del porticato medievale, altro simbolo della città. Così, percorrendo il porticato ci ritroviamo davanti la chiesa dedicata a S. Maria Assunta in Cielo e delle Anime del Purgatorio, dove è stato collocato il monumento dedicato a Mamma Lucia, altro personaggio che ha forgiato la cultura e l'anima degli abitanti della città. Viene usato come panchina. Ai suoi piedi, un altro tappeto di spazzatura.
Continuiamo verso Il Convento di San Francesco e Sant'Antonio, passiamo tra le mura del primo nucleo abitativo della valle Metelliana, Il Borgo Scacciaventi. Ci soffermiamo a guardare in ultimo gli intarsi del portone in legno del Convento, meravigliosi, ma gli occhi cadono sulla coltre di lattine, panini mangiati per metà e abbandonati, bottiglie, bicchieri di plastica e mozziconi di sigarette e di spinelli. Ci consola che al mattino le persone civili ritorneranno a vivere questi antri di piccolo mondo antico che hanno resistito a terremoti ed invasioni, guerre e bombe. La bellezza.
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