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Cronaca

Ingiusta detenzione, risarcito Guerino Lambiase

Inserito da (admin), venerdì 11 giugno 2004 00:00:00

155 giorni di reclusione in carcere e l'accusa infamante di essere uno dei "piccirilli" del clan facente capo al boss Mario Bisogno. Oggi per Guerino Lambiase, già assolto in primo grado, un nuovo riscatto: la Corte d'Appello ha colto l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione, presentata il 7 aprile scorso del suo legale Marco Salerno. Il 27 maggio i giudici hanno accolto il ricorso, accordandogli un consistente rimborso in denaro per i giorni di custodia cautelare in carcere. L'ufficialità del provvedimento è arrivata lunedì scorso con la formale notifica all'avvocato Salerno. Per Guerino Lambiase i problemi con la giustizia iniziano il 17 novembre del 2000. Lambiase, fino a quella data incensurato, fu arrestato dagli agenti della Polizia locale nel corso di un'operazione denominata "Game Over" con l'accusa di estorsione con metodo camorristico. Lambiase fu fermato mentre era in compagnia di Vincenzo D'Elia e Pierangelo Pezzella, entrambi affiliati al clan Bisogno. Secondo gli inquirenti, i tre, che si trovavano in Corso Mazzini davanti all'ingresso della stadio comunale "Simonetta Lamberti", avevano fissato proprio per quella sera un appuntamento con la loro vittima per riscuotere il pizzo. Ad indirizzare gli investigatori lo stesso imprenditore, che, munito di registratore, si sarebbe presentato all'incontro non prima di avvertire la Polizia. Il blitz fu messo a segno proprio nel momento in cui D'Elia riscuoteva dalle mani del manager 300mila lire. I tre furono arrestati e condotti in carcere. Fin dai giorni di reclusione Lambiase aveva proclamato la totale estraneità ai fatti, dichiarando di trovarsi per caso a quell'appuntamento, solo perché conoscente degli altri due arrestati. Nel corso del lungo procedimento, conclusosi con l'assoluzione per Lambiase, il collegio difensivo intese dimostrare che in quella sera del 17 novembre il pagamento delle 300mila lire non corrispondeva alla riscossione del pizzo. Secondo la difesa, era in piedi un rapporto di mediazione.

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