Tu sei qui: CronacaIn carcere l'aggressore di Carrano
Inserito da (admin), lunedì 20 ottobre 2003 00:00:00
Una ferita alla fronte, un grosso ematoma sullo zigomo ed evidenti segni di colluttazione sul volto: sono questi i primi risultati dell'esame esterno, eseguito lo scorso sabato pomeriggio sul cadavere di Agnello Carrano, il pensionato morto dopo due giorni di coma. Un tragico evento che ha spinto la Procura a sottoporre a provvedimento di fermo d'indiziato, per il reato di omicidio preterintenzionale, Giuseppe Donnarumma, 28 anni, residente a Vietri Sul Mare. Stando alle prime indiscrezioni trapelate, i rilievi eseguiti dal medico legale Zotti, incaricato dalla Procura di Nocera Inferiore per l'esame autoptico, confermerebbero il quadro venuto fuori dalle cartelle cliniche ospedaliere, che indicavano la presenza di un trauma cranico e di un ematoma sottodurale. Ma non solo. La presenza di una ferita sulla fronte fornirebbe importanti indizi sulla ricostruzione di quella tragica mattina. Questo particolare confermerebbe che Carrano, prima di battere la testa, sarebbe stato colpito più volte e con violenza. Al momento, però, non ci sono responsi ufficiali e certezze. Sabato pomeriggio, l'autopsia è iniziata intorno alle 16 presso la camera ardente dell'ospedale "Umberto I" di Nocera Inferiore. Insieme al dott. Zotti, erano presenti anche i periti di parte, il dott. Giuliano Alfinito, nominato dai legali della famiglia Palma (i fratelli Alfonso e Marco Senatore), il dott. Raimo, consulente nominato dall'avvocato Dario Barbirotti, legale del Donnarumma, e due agenti del Commissariato di Polizia di Cava. L'esame è terminato dopo circa un'ora, ma le bocche sono rimaste cucite. Il dott. Zotti si è preso 30 giorni di tempo per ufficializzare i risultati dell'autopsia. Per quella data saranno pronti anche gli esami sui campioni di materiale cerebrale e di organi vitali (come il cuore) prelevati dal cadavere di Carrano. Come si ricorderà, Agnello era intervenuto per proteggere il genero, Giovanni Palma, dall'aggressione avvenuta davanti alla sua abitazione di Cava, a seguito di una violenta lite scoppiata per il mancato pagamento della cauzione per il rilascio dell'auto portata via dal carro attrezzo della Real Spa. La posizione dell'altro dipendente della società, che, stando alla ricostruzione fornita dagli agenti di Polizia, avrebbe partecipato alla violente lite, è ancora al vaglio degli inquirenti. Intanto, nella stessa serata di sabato, la salma di Agnello Carrano è stata liberata dal magistrato e trasferita nella camera ardente del cimitero di Cava de' Tirreni. I funerali sono in programma questa mattina ai Pianesi.
IL RACCONTO DEL GENERO
«E' morto per colpa mia, non voleva che mi facessero del male»: Giovanni Palma, genero di Agnello, ricostruisce tra le lacrime la dinamica dei fatti
«Mio suocero è morto perché voleva difendermi. Fino alla fine ha dimostrato di essere un brav'uomo e per questo è stato ucciso»: non riesce a trattenere le lacrime Giovanni Palma, il genero di Agnello Carrano. «È morto per colpa mia, per una stupidaggine. Se solo quel giorno non fosse venuto a pranzo a casa nostra...». Giovanni continua a ripetere queste parole. Tanti "se", tutti legati a delle coincidenze, cercando di trovare una spiegazione a quella che per tutta la famiglia appare una disgrazia assurda. «Quella mattina - incomincia così il suo racconto Giovanni Palma - ero andato in ospedale a Nocera per sottopormi ad una terapia. Avevo posteggiato come al solito a pochi passi dall'ospedale, dove, come ho appreso in seguito, c'era divieto di sosta. All'uscita, io e molte altre persone non abbiamo ritrovato la nostra auto». Dapprima Giovanni pensa ad un furto, ma poi si rende conto che anche altri automobilisti sono in cerca della loro vettura. «Ci hanno detto che il carro attrezzo della Real Spa le aveva portate via perché in sosta vietata. In quel momento, non sapevo cosa fare. È stato un attimo, ho pensato di andare in quel garage a riprendermela». Il suo racconto è interrotto dal pianto, ma poi riprende: vuole far conoscere la dinamica dei fatti, pensa sia un modo più veloce per fare completa giustizia. «Al garage non c'erano i proprietari, ma due dipendenti. Mi hanno chiesto di pagare la cauzione, ma io avevo con me solo 35 euro e loro ne volevano 60. Gli ho dato le mie generalità e gli ho detto di farmi pervenire a casa la fattura per il pagamento. Intanto, sono salito in macchina e sono tornato a casa». Nell'appartamento al quinto piano dell'antico Palazzo Coppola, ad aspettarlo c'erano la moglie Antonietta ed il suocero Agnello. «Da quando è morta mia suocera, veniva sempre a pranzo da noi e così è stato anche quella mattina. Eravamo nella stanza da pranzo, quando abbiamo sentito suonare il citofono». All'altro capo, c'erano i suoi aggressori. «Sono sceso e mi sono trovato davanti quei due. Era come se avessero voluto farmela pagare, perché, portando via l'auto, gli avevo fatto un affronto. Hanno incominciato a picchiarmi. Mio suocero è arrivato poco dopo. Voleva farli smettere, non sopportava che qualcuno potesse farmi del male». Giovanni dice che il più giovane dei due si è avventato contro suo suocero. «Non ricordo bene, è stato un attimo. Quello che non riesco a dimenticare è quel tonfo. Mi sono voltato, l'ho visto cadere all'indietro. Ha battuto la testa a terra. Loro due sono scappati. Io ho cercato di chiamarlo, ma da quel momento non mi ha più risposto». Giovanni è un uomo a pezzi. «Era un padre modello. Si era trasferito a Cava dopo il matrimonio. Lui era originario di Vietri sul Mare ed ha lavorato per anni alla Carpenteria Navale Gatto». Le ultime parole di Giovanni sono per le Forze dell'Ordine, i medici ed i suoi avvocati, che gli sono stati vicini: «Per questo fermo devo ringraziare gli agenti della Polizia locale, il giudice Cassaniello ed i fratelli Alfonso e Marco Senatore, i miei avvocati, che stanno facendo di tutto affinché gli assassini di mio suocero vengano consegnati alla giustizia».
Il nipotino aspetta che torni a casa
Tanti fiori, tanti telegrammi, tanta commossa partecipazione per la tragica fine di Agnello Carrano. Le famiglie di Antonietta e Giovanni sono molto conosciute e stimate a Cava. In questa drammatica circostanza si sono strette attorno soprattutto a Gianni, che è visibilmente provato, oltre che dal dolore, dal senso di colpa. L'unico figlio di Gianni ed Antonietta si chiama Roberto, che ha circa 3 anni. Il nonno Agnello era il suo più caro compagno di giochi. In questi giorni, non vedendolo, Robertino ha più volte chiesto di lui. Ma i genitori non hanno trovato ancora il coraggio di dirgli la triste verità.
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