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Cronaca

Il bilancio dell'Abate Chianetta

Inserito da (admin), venerdì 14 gennaio 2011 00:00:00

Lo scorso 4 gennaio l’Abate emerito Benedetto Maria Chianetta ha lasciato l’Abbazia della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni per recarsi nel Monastero di San Nicolò l’Arena a Nicolosi (Ct). E’ stato questo solo l’ultimo atto di un “lungo addio”, iniziato ufficialmente lo scorso 24 ottobre, quando l’Osservatore Romano ha pubblicato la notizia della “rinuncia al governo pastorale dell’Abbazia territoriale della Santissima Trinità di Cava, in conformità al canone 401 §2 del Codice di Diritto Canonico” da parte di Mons. Chianetta.

Dimissioni in realtà tutt’altro che “spontanee”, che hanno suscitato perplessità e polemiche. «Nessuna perplessità - ha più volte chiarito in merito il diretto interessato - Il Papa, sapendo che ero Abate da 33 anni, ha ritenuto che fossero troppi. Nella Regola di S. Benedetto c’è scritto che “non appena viene comandato dal superiore un impegno per il monaco, immediatamente questi, come se lo comandasse Dio stesso, lascia tutto e obbedisce al superiore”. Dato che la volontà del Papa era questa, immediatamente ho accettato senza indugio».

Le redini dello storico monastero cavese sono state, quindi, affidate a don Giordano Rota, in arrivo dall’Abbazia cluniacense San Giacomo Maggiore di Pontida, in provincia di Bergamo, che si è insediato ufficialmente il 21 novembre scorso con l’incarico di Amministratore Apostolico dell’Abbazia della SS. Trinità.

E Chianetta? Come detto, ad inizio anno ha lasciato la città metelliana per tornare nella “sua” Sicilia, precisamente a Nicolosi. Lo abbiamo ascoltato alla vigilia della sua partenza, raccogliendo le sue emozioni ed i suoi ricordi dei tre lustri trascorsi in terra metelliana.

1995-2010: 15 anni al timone dell’Abbazia della SS. Trinità. Proviamo a tracciare un bilancio.
«Nel 1995 sono arrivato con grande entusiasmo. Provenivo dall’Abbazia di S. Martino delle Scale, a Palermo, che funzionava benissimo con 26 monaci ed un insieme di tante attività e manifestazioni. Alla Badia ho trovato un ambiente storico importante, più improntato al silenzio ed al raccoglimento. Per questo il primo punto del mio programma è stato l’apertura delle porte del monastero alla città, organizzando visite guidate e mostre per offrire ai cavesi l’occasione di conoscere le bellezze della Badia».

Quali sono stati i momenti più belli di questi anni di abbaziato?
«Tutti sono stati belli, ma ciò che ha caratterizzato maggiormente questi tre lustri è stato sicuramente il Millennio, al quale ci siamo preparati per oltre tre anni, attraverso passaggi televisivi, incontri di marketing e partecipazione a fiere del turismo a Napoli, Foggia, Roma, Milano ed addirittura New York. Un altro momento importante è stato la venuta di alcuni giovani, che hanno dato vitalità al monastero. Ed ancora, il progetto dell’università telematica, non ancora attiva, ma che sta andando avanti. Senza dimenticare le varie Schola Cantorum organizzate nelle parrocchie. Gradualmente si è creata una grande “simpatia” tra il monastero e la città di Cava, tanto che il sottoscritto ha anche ricevuto la cittadinanza onoraria».

Ha rimpianti per qualcosa che non è riuscito a realizzare in questi anni?
«No, niente in particolare. Infatti, se qualcosa non è stata realizzato, è in procinto di concretizzarsi. Mi riferisco, ad esempio, all’idea di realizzare una casa di accoglienza per offrire ospitalità alle tante persone che arriveranno per il Millennio, progetto che è stato approvato con un finanziamento di 320mila euro dalla legge 92/2009 per la valorizzazione della Badia di Cava».

Come si sta gestendo, a suo parere, la programmazione degli eventi del Millennio?
«Siamo stati molto vicini al sindaco Galdi, così come lo eravamo ugualmente al suo predecessore Gravagnuolo, che è stato il primo a lanciare quest’idea con grande entusiasmo. Abbiamo lavorato insieme in perfetta armonia per questo importante evento sia con il Comitato Nazionale che con le istituzioni locali. Le celebrazioni religiose saranno gestite direttamente nell’ambito dell’Abbazia, così come alcuni concerti e convegni che si sono svolti e che si terranno alla Badia. Altre iniziative sono gestite altrove, per dare la possibilità di interagire con tutto il territorio circostante».

Cosa ci può dire in merito alla tanto chiacchierata visita del Papa?
«La speranza c’è sempre. Ad un certo punto il Vaticano mi aveva richiesto le date degli appuntamenti, poi non se n’è fatto più nulla, almeno per ora. Noi, comunque, abbiamo sempre cercato di mostrare l’enorme vitalità di questo progetto sia per l’Abbazia che per tutta la città di Cava de’ Tirreni».

Nei suoi anni di permanenza all’Abbazia è stato sempre vicino all’universo folkloristico, ed in particolare all’Associazione “Archibugieri SS. Sacramento”, di cui è Presidente onorario. Un suo saluto finale ai tanti soci del Sodalizio presieduto da Paolo Apicella.
«Sono stati la mia gioia, perché mi hanno dato tanta testimonianza di presenza. L’amore si dimostra con la presenza, non solo con le belle parole. Sono stati sempre presenti nei momenti importanti, dando un tocco folcloristico ed al contempo di grande dignità nel ricevere le persone. La felicità è stata completa quando quest’anno hanno vinto la Pergamena Bianca, che aspettavo anch’io da tanti anni. La loro presenza all’Abbazia è sempre stata per me motivo di grande gioia».

Intervista tratta da "Carpe Diem...", periodico a cura dell'Associazione "Archibugieri SS. Sacramento"

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