Tu sei qui: CronacaCrac Cavamarket, trama sempre più "nera"
Inserito da La Redazione (admin), mercoledì 9 maggio 2012 00:00:00
Si presenteranno quest’oggi, mercoledì 9 maggio, dinanzi al Gup del Tribunale di Salerno, Elisabetta Boccasini, gli imputati del crac Cavamarket. Dopo i patteggiamenti confermati a Roberto D’Andrea, Marco Senatore (per loro 2 anni e 8 mesi) ed a Raffaele D’Andrea (2 anni e 6 mesi) da parte del Giudice per l’udienza preliminare Dolores Zarone, questa volta sarà il turno degli altri soggetti coinvolti nel “buco” da oltre 300 milioni del Gruppo “Cavamarket - Hdc”.
Oltre alle posizioni del patron Antonio Della Monica e del docente universitario Raffaele Capasso, il giudice Boccasini sarà chiamato a decidere sul rinvio a giudizio per i restanti componenti della famiglia D’Andrea (i fratelli Salvatore, Marcello, Giovanni, Massimo e Vincenzo, tutti di Cava de’ Tirreni), per i metelliani Luigi Lamberti e Maria Immacolata Apicella, per gli esponenti della “2C S.p.a”, Rosario Caputo e Carlo Catone, e per Giuseppe Esposito, Giovanfrancesco Capasso, Lucio Stabile, Francesco Fusco, Adolfo Accarino, Raffaele Giglio e Domenico Rapisarda (soggetti a vario titolo coinvolti nel crac).
Per tutti l’accusa è di bancarotta fraudolenta in concorso, maturata mediante la distrazione dei beni rientranti nel patrimonio del Gruppo “Cavamarket - Hdc”. Un’operazione, questa, che secondo gli inquirenti avrebbe permesso ai responsabili dell’operazione di trasferire i beni del Gruppo ad altre società collegate, così da sottrarli alla disponibilità dei creditori e della stessa curatela fallimentare.
La debacle Cavamarket, però, ha fatto crac anche su un altro versante, quello che più rattrista e sconvolge gli animi di chi spende la propria vita per tirare avanti la propria famiglia. È di ieri la notizia del suicidio del 48enne salernitano Generoso Armenante, addetto alla guardiania della Holding D’Andrea Company (Hdc) dello stabilimento di Salerno.
L’uomo, come si è appreso da un bigliettino ritrovato nella tasca dei pantaloni, non ce la faceva più ad andare avanti, visto non solo la perdita del posto di lavoro, ma anche l’imminente ordine di sfratto dalla sua abitazione. Con la famiglia viveva, infatti, in un appartamento disposto all’interno dello stesso stabilimento salernitano dell’Hdc (dove era sita, peraltro, la sede legale del Gruppo), ma di cui la curatela fallimentare aveva previsto l’abbandono.
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