Tu sei qui: Cronaca"A tu per tu" con... Evani
Inserito da La Redazione (admin), lunedì 10 settembre 2012 00:00:00
Da calciatore ha vinto tutto ciò che c’era da vincere con la maglia del Milan, e non solo. Da tecnico, ora, cerca di formare giovani talenti seguendo gli insegnamenti che maestri come Liedholm, Sacchi e Capello gli impartivano durante le sgroppate sulla fascia sinistra. La sua chioma intatta come nella finale di Coppa Intercontinentale del 1989, decisa proprio da una sua rete ad un minuto dalla fine dei tempi supplementari contro i colombiani dell’Atletico Nacional de Medellin (in porta c’era un certo Higuita). Un entusiasmo ed una voglia di crescere tipica dei ragazzi. Quei ragazzi che ora allena, essendo selezionatore dell’Italia Under 18 ed Under 19.
Stiamo parlando di Alberigo (per tutti Chicco) Evani, ospite della città di Cava de’ Tirreni, il cui stadio “Simonetta Lamberti” sarà martedì 11 settembre teatro della sfida amichevole tra le formazioni Under 19 di Italia e Portogallo. Con “Bubu”, questo il soprannome datogli per una sua somiglianza con l’omonimo personaggio dei cartoni animati della Hanna-Barbera, noi de ilPortico.it ci siamo soffermati presso l’Holiday Inn sui suoi trascorsi da avversario della Cavese e sul futuro del calcio giovanile nazionale.
Mister Evani, ritorna a Cava de’ Tirreni dopo 29 anni. L’ultima volta è stata in una partita di serie B Cavese-Milan del 1983, terminata 2-2. Che ricordi ha di quell’esperienza?
In quell’anno la Cavese ci diede molto filo da torcere. Fu una delle poche squadre a metterci in difficoltà, tant’è che qui a Cava ci crearono parecchi problemi e pareggiammo 2-2, mentre all'andata eravamo addirittura stati sconfitti 2-1. Ricordo una bella squadra, anzi una signora squadra.
Lei ha calcato l’erba del “Lamberti” anche con la maglia della Nazionale Under 21 il 5 ottobre 1983, in un Italia-Cipro terminata 2-0. Ora ci ritorna alla guida di una Nazionale giovanile, quella dell’Under 19.
A dire il vero non ricordavo di essere stato qui a Cava anche con la maglia della Nazionale Under 21. L’ho riscoperto in questi giorni. Ma ciò che ricordo benissimo è il mio legame con la città dei portici. Una mia zia suora era, infatti, responsabile della Casa di Riposo Onpi.
A proposito di Nazionale, da allora ad oggi come è cambiata, se è cambiata, l’attenzione rivolta dai giovani verso la maglia azzurra?
Una differenza sostanziale la avverto: a quei tempi la Nazionale rappresentava un traguardo, un punto d’arrivo. Oggi, invece, sembra più una scocciatura.
Investire nelle scuole calcio, nei vivai e dunque nei settori giovanili è la “ricetta” giusta per migliorare il calcio moderno?
Credo proprio di sì. Oggi il sistema calcistico nazionale sta vivendo una pesante situazione economica e costruire dei ragazzi, futuri campioni, in casa è una strada molto conveniente. La Spagna ha fatto di questo un modello ed i risultati da qualche anno a questa parte sono ben noti a tutti.
Che idea si è fatto degli ultimi episodi che hanno “contaminato” lo sport per eccellenza, tipo la vicenda calcio-scommesse?
Ho seguito poco la vicenda, perché non mi interessava più di tanto. Preferisco parlare di calcio vero, quello giocato. Tutto sommato, devo dire che questo problema ha rappresentato un grosso neo anche in passato e che non è mai stato efficacemente superato. Oggi mi auguro che gli interventi disciplinari siano severi e che le sanzioni che verranno inflitte non facciano un domani riemergere la stessa problematica, che ci rende ridicoli agli occhi di tutti.
Inevitabile tornare con lei ai tempi d’oro del Milan di Sacchi, formato innanzitutto da ottimi calciatori come lei e da autentici fuoriclasse come Gullit, Van Basten e Rijkaard. Adesso che vive il calcio anche dal lato della panchina, quanto secondo lei incide la mano di un allenatore e quanto invece l’estro e le capacità dei giocatori?
Un allenatore incide sempre nell’economia di una squadra. Il Milan di allora era un Milan formato da veri campioni, ma prima di tutto da grandi uomini. Avevamo un allenatore, Sacchi, che impose un gioco vincente che ci permetteva di strapazzare gli avversari. Avevamo sempre il pallino del gioco in mano ed eravamo costantemente padroni del campo. Ed è lo stesso calcio che oggi cerchiamo di riproporre. È una strada difficile ed impegnativa, lo so, ma noi ci sforziamo di perseguirla.
Il suo palmares è ricco di trofei: 3 Scudetti, 3 Supercoppe italiane, 2 Coppe Campioni, 2 Coppe Intercontinentali, 2 Supercoppe UEFA, oltre ad 1 Coppa Italia ed alla partecipazione alla spedizione USA 94. Tra le tante, qual è stata la vittoria più bella e quale, invece, il ricordo personale più emozionante?
Tutte le vittorie sono belle soddisfazioni. Ma quella che ricordo con maggiore enfasi è stata la conquista dello scudetto nell’anno calcistico 1987-1988, perché venivamo da una serie di brutte annate. A livello personale, poi, i ricordi più emozionanti sono due. Oltre al gol realizzato nella finale di Coppa Intercontinentale del 1989 contro l’Atletico Nacional de Medellin (ndr, 17 dicembre 1989) ad un minuto dalla fine dei tempi supplementari (ed è quello che spesso le persone che mi fermano si ricordano di più), ricordo con soddisfazione la rete segnata dieci giorni prima (ndr, 7 dicembre 1989) al Barcellona nella finale di Supercoppa Europea, vinta a Milano per 1-0 dopo l’1-1 in terra catalana.
Da allenatore, invece, ha vinto nel 2007 lo scudetto Allievi Nazionali con il Milan (ora allenato da Pippo Inzaghi), per poi passare alla formazione Primavera nel 2009 ed arrivare la stagione seguente al San Marino, dove ha lasciato la squadra al secondo posto a due giornate dal termine. In che modo queste diverse esperienze hanno contribuito alla sua formazione da allenatore?
Nel calcio tutto insegna e c’è sempre da imparare. Ho cominciato la carriera da allenatore negli esordienti del Milan, fino a vincere lo scudetto con gli Allievi Nazionali nel 2007 e poi passare alla Primavera. Con il San Marino è stata, invece, la mia prima esperienza con i professionisti. Partimmo non per vincere il campionato in una stagione piena di difficoltà e ci ritrovammo a due giornate dalla fine in piena zona play-off. Poi ebbi uno “scontro” con alcuni componenti della società. Scontro che mi portò all’esonero.
Dove può arrivare l’Italia Under 19 e quali sono gli auspici per i prossimi Campionati Europei che si disputeranno in Albania?
Si tratta di un gruppo di ragazzi con cui io ed il mio staff stiamo lavorando dall’anno scorso. Stiamo, inoltre, cercando di modificare il modulo tattico e domani sarà la prima occasione per tastarlo. La squadra vuole arrivare lontano e ci sono tutti i presupposti per farlo. L’unica nota stonata, però, è il poco tempo che abbiamo a disposizione (solo tre giorni) per lavorarci. Per questo prima di tutto scegliamo “calciatori con la testa”. All’estero, invece, il discorso è differente, mentre qui in Italia alcuni correttivi si stanno vedendo da quando mister Sacchi è diventato Coordinatore Tecnico delle Nazionali Giovanili. È stato lui dal 2010 ad oggi a prevedere più stage e più gare internazionali.
Ci può anticipare il nome di qualche futuro campione?
Il nostro lavoro è orientato a portare quanti più giocatori possibili alla Nazionale maggiore. Ad oggi già parecchi elementi dell’attuale selezione Under 21 allenata da Devis Mangia sono passati da qui. Se proprio devo fare qualche nome, mi vengono in mente Verri, che è del Siena ed ha già qualche presenza in serie A, Romagnoli, un classe ’95 della Roma, tenuto molto in considerazione da Zeman, e Roberto Insigne, che ha le caratteristiche del fratello, ma che deve lavorare ancora tanto per arrivare ai suoi livelli.
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