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Politica

Trasporto pubblico: quando a pagare è sempre il cittadino onesto. Storia di ordinario disagio sociale

Inserito da (admin), mercoledì 10 gennaio 2018 12:28:22

di Massimiliano D'Uva

 

Una normale giornata lavorativa iniziata all'insegna di un guasto meccanico alla mia automobile mi ha condotto a Fisciano, a poca distanza dall'Università degli Studi di Salerno. Una volta consegnata in officina è sorto il problema del ritorno in Costiera Amalfitana.

Avrei potuto smuovere amici o collaboratori ma, non avendo fretta e altri impegni, ho deciso di utilizzare i mezzi pubblici per raggiungere Salerno e, successivamente, avrei utilizzato un bus di linea per arrivare a Maiori.

Dopo non più di una decina di minuti di attesa alla fermata è arrivato il BUSITALIA numero 10, recante la scritta S. Antonio Pontecagnano, perfetto per raggiungere il lungomare di Salerno. Costo del biglietto 1 euro e 10 centesimi.

Il mezzo è relativamente nuovo, decisamente meglio dei "carri bestiame" a cui ci hanno abituato in Costa d'Amalfi. Sul bus non più di 5 persone. Dopo qualche fermata sono saliti 2 persone di colore (un ragazzino di 15 anni e uno più anziano sulla quarantina), una donna di etnia rom e, successivamente, una coppia, genitore e figlio, "italiani" in palese stato di indigenza.

Giunti alla fermata Fratte, insieme a qualche altro utente, sopraggiungono un controllore Busitalia accompagnato da una guardia armata per verificare i titoli di viaggio. I primi ad essere in "difetto" sono padre e figlio (il padre aveva un regolare abbonamento mentre il figlio un biglietto non obliterato), successivamente la donna di origini rom e il ragazzino di colore (molto ben vestito con tanto di zaino, facilmente confondibile per uno studente).

I due extracomunitari non fanno una piega, evidentemente abituati ad essere identificati, mentre il ragazzo italiano, incapace di produrre una frase di senso compiuto, chiede clemenza pregando il controllore di chiudere un occhio obliterando in quel momento il biglietto. Il tutto alla presenza del padre che non accenna la minima reazione. Alla fine, insieme al figlio e alle altre persone senza titolo di viaggio, scendono dal bus pur non essendo quella la loro destinazione.

Alla richiesta del documento di identità il giovane italiano dichiara di non averlo con sé e il controllore inizia a minacciare la chiamata ai carabinieri. A questo punto della scena le porte si chiudono e mentre decidevo se scendere con loro per vedere come si concludeva la vicenda realizzo che l'unico ad essere a disagio per quanto accaduto ero io: tutti gli altri occupanti del pullman erano ormai abituati a queste scenette.

Cerco di dimenticare l'accaduto, scendo a piazza Malta per fare due passi, recuperando l'ossigeno perso all'interno del bus e, arrivato alle Poste Centrali, di fronte al bellissimo edificio da poco ristrutturato, la mia mente si riporta a 25 anni prima quando, uscito da scuola, arrivavo qui correndo per trovare un'anima buona che mi riportasse a casa in auto (i pullman della SITA dell'epoca erano ancora le corriere che avevano trasportato i soldati italiani durante la guerra in Etiopia).

Qui trovo un ragazzo della costiera di cui conosco i genitori. Mi riconosce e gli si illuminano gli occhi: "Massimiliano avrà sicuramente un mezzo di trasporto" - avrà pensato - e mi chiede se ho la macchina. Alla mia risposta negativa, iniziamo a chiacchierare e, tra le altre cose, gli confido gli accadimenti nel trasferimento da Fisciano e che anche io, pur avendo sempre il biglietto con me ai tempi della scuola, cercavo sempre un mezzo alternativo da e per Salerno. C'è poco traffico e poche auto che circolano, "sarà dura trovare un passaggio" -esclamo al ragazzo- mentre si moltiplicano le telefonate di amici (allertati dai miei post social) che si offrono di venirci a recuperare appositamente. Approfitto per ringraziare pubblicamente quanti hanno avuto un pensiero per me ma avevo piacere di fare due passi e soprattutto di "metabolizzare" quanto accaduto poco prima. Il pullman della SITA sta arrivando e il ragazzo decide di rimanere con me confidandomi che pur avendo il biglietto è raro che lo obliterasse (in pratica si sentiva in obbligo di annullare il biglietto solo se trovava un posto seduto e questo accadeva raramente).

La domanda che mi sono posto è: quanto incida il costo del biglietto sul bilancio delle società preposte al trasporto pubblico e quanto il controllo dei biglietti e ancora quale è la ricaduta di tutti questi costi sulla società civile (cioè sui contribuenti). Perché verosimilmente a obliterare il biglietto e a fare l'abbonamento sono sempre i cittadini onesti, gli stessi che poi pagano le tasse che consentono al servizio pubblico di funzionare.

Insomma il sistema di trasporto pubblico necessita di un cambio radicale di approccio al cittadino altrimenti a pagare saranno sempre i soliti noti ed il servizio a loro offerto sarà sempre peggiore.

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