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Politica

Messina non si arrende

Inserito da (admin), giovedì 28 ottobre 2004 00:00:00

Il giorno dopo la pesante sconfitta in Consiglio comunale, Messina riprende il lavoro in solitudine. Il Palazzo trema, la gente si interroga, la sinistra incalza. Ieri il sindaco era al suo posto di lavoro. Porta i segni in volto della battaglia persa, ma è sempre più deciso a non chiudere definitivamente la sua storia politico-amministrativa. Il progetto di città, che aveva strappato il consenso della gente, mandando sconfitto a casa l'avversario Francesco Musumeci, capogruppo di una coalizione che aveva amministrato la città per 10 anni, non può finire così sotto l'onda di uno scontro tutto interno alla Casa delle Libertà. Messina non si dà pace e per questo lotta, non demorde. E' motivato, anche se porta i segni di una profonda tristezza. «Credo che ci sono ancora i margini per recuperare il sogno di una città a misura d'uomo, che era stato premiato da un ampio consenso. E' un momento particolarmente difficile per i sindaci e la storia di questi mesi a Cava, Battipaglia, Pagani, Eboli e Salerno dimostra ampiamente che qualcosa si è inceppato, a cui bisogna porre riparo». Ripercorre questi anni, rivede l'entusiasmo di quelle serate dopo la vittoria, di quei primi mesi, poi le prime fibrillazioni, le crisi palesi e sotterranee, quindi il no di An e poi ancora la rivolta dell'Udc e di tre dei suoi. Scorre le immagini di questi anni e si interroga dove ha sbagliato. L'errore di Messina - si sussurra nei corridoi del Palazzo e la voce viene proprio dai suoi - è quella di aver creduto di essere il padrone delle ferriere e non il simbolo ed il primo inter pares di una coalizione che lo aveva sostenuto. Ma Messina non ci sta: «Ho lavorato avendo come obiettivo la città e pensavo che tutti avessero i miei stessi obiettivi». Ora dovrà costruire un nuovo modello di gestione. Di qui l'azzeramento ed il rilancio della questione sul tavolo provinciale. Il sindaco avverte: «Ora dovranno i coordinatori provinciali assumersi la responsabilità del futuro, tracciando un cammino comune». Messina sa pure che, se non dovesse essere rispettoso dell'impegno assunto con la gente, potrebbe gettare la spugna. Allora metterebbe la parola fine alla sua avventura. Ieri l'atmosfera a Palazzo era cupa. La città è pessimista sugli esiti della crisi, temendo che si possa arrivare ad una soluzione pasticciata. Le segreterie cittadine sono in continuo contatto con quelle provinciali, attendono segnali ed indicazioni. La sinistra, intanto, incalza. Rifondazione comunista ha preparato una richiesta di mozione di sfiducia, che sta sottoponendo al vaglio degli alleati. «Il Consiglio comunale ha sancito non solo lo strappo dall'Amministrazione di An, ma anche dell'alleato Udc e di tre consiglieri di Forza Italia. Uno strappo che legittima la richiesta di restituire la parola agli elettori avanzata dalle forze della sinistra, ma che la dice lunga anche sul buon governo dell'Amministrazione Messina», afferma Raffaele Fiorillo. Il gruppo legato al consigliere regionale Pasquale D'Acunzi rilancia il tavolo dell'opposizione. «Ora più che mai, è tempo di riprendere il discorso politico che coinvolga tutta l'opposizione a Messina e si riappropi del governo della città»: così l'ing. Adriano Mongiello. Già sabato mattina è stata fissata una conferenza stampa dei partiti del centrosinistra. «Non può passare sotto silenzio - afferma Federico de Filippis, esponente della Margherita - la vicenda di un sindaco sfiduciato dalla sua stessa maggioranza e che come risposta manda tutti gli assessori a casa, assumendo di fatto tutti i poteri come un novello dittatore. Cava non è una Repubblica sudamericana».

Alfredo il "tagliatore di teste"

Messina passerà alla storia politico-amministrativa della città come il "tagliatore di teste". Nei primi tre anni di governo a Palazzo di Città ha mandato a casa ben 11 assessori. Prima Alfonso Senatore, dopo pochissimi giorni dall'insediamento, che aveva osato contestare per motivi di opportunità la nomina a direttore generale dell'avv. Vittorio Del Vecchio. Poi Vincenzo Trapanese, Umberto Faiella, Daniele Fasano, Antonio Barbuti per due volte, dimissionato una prima volta, riassunto in Giunta dopo pochi giorni, Alfonso Laudato, Giuseppe Gigantino, Fabio Siani, Bruno D'Elia, Carmine Salsano e Giovanni Carleo. All'elenco bisogna aggiungere Annamaria Armenante, che si dimise volontariamente dopo circa un anno di lavoro a Palazzo. E poi, Messina ha perduto nel corso degli anni per dimissioni il direttore generale Vittorio Del Vecchio, il suo addetto stampa Silvia Lamberti ed infine il capo staff Pasquale Petrillo, in dissenso con la sua politica.

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