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Economia e Turismo

Napoli, non ti resta che piangere

Inserito da Il Mattino (admin), martedì 11 marzo 2003 00:00:00

Chissà, probabilmente il Napoli l'avrebbe persa ugualmente la gara con la Samp. Ma, se una cosa ha insegnato al Napoli l'infelice notte di Marassi, ebbene, è che, quando si hanno gli attaccanti, bisogna tenerli in campo e non in panchina. Rinunciando a Stellone, almeno a lui, e barricandosi, rinunciando al gioco per un tempo intero, il Napoli ha compromesso gara e risultato. Insomma, se l'è giocata a metà questa partita, che, se Dio vuole, conclude il trittico infelice di Scoglio, che ha guadagnato un punto solo in tre partite. Rinunciando in avvio a Stellone ed anche a Pasino, si diceva, l'intenzione di Scoglio è dichiarata. Confermando, infatti, quel Napoli blindato, pensato e ripensato in settimana, è evidente il suo tentativo di frenare, spezzare, impedire che la Samp trovi la manovra. Ed è chiaro pure che nel conto il Professore ci mette sofferenza e rischio. Questo il pensiero, lo studio, la teoria. Nella pratica, invece, accade che, per quel suo stare rintanato, per quell'affidarsi ad una punta sola e isolata, il Napoli consegna palla e gioco all'avversario. Che ringrazia - è ovvio - e che attacca, affidando la spinta a Sakic ed a Bettarini e fidando molto nell'estro di Flachi, negli spunti di Gasbarroni, preferito a Valtolina, e nel fisico di Bazzani, che nel "corpo a corpo" sa bene come farsi rispettare. Comunque sia, pur se inchiodato sulla difensiva, pur rinunciando a tutto, il Napoli resiste e prova a nascondere i propri errori e le proprie debolezze in quella ragnatela corta e stretta che stende tra il centrocampo e l'area di rigore. Ma è, comunque, insopportabilmente evidente la rinuncia al gioco. O, almeno, l'incapacità di far qualcosa seppure nel perimetro ristretto di quel 5-4-1 che non frutta nulla. Ed infatti, rischia e rischia ancora, in capo a due minuti di forte pressione della Samp ed altrettanti salvataggi di Mancini, la squadra di Novellino passa. Segna, paradosso del pallone, su calcio dalla bandierina e grazie ad un pallone che ricade sui piedi di Bazzani (20'), incredibilmente lasciato troppo solo. Il vantaggio ci sta, nel senso che la Samp se lo merita per la sua pressione, mentre il Napoli è inevitabilmente vittima del suo troppo rinunciare. Una mezza svolta a fine primo tempo, quando un accidente al ginocchio di Baldini apre a Pasino la porta della gara. E sarà per questo, sarà perché finalmente s'accorge che sta sotto, che il Napoli, poco prima del riposo (44'), s'affaccia nell'area della Samp con Dionigi e sfiora il gol. Ma è comunque poco, quasi niente. Occorre ben altro per mettere pensieri alla Samp di Novellino, che si gode già la vetta del campionato. Che occorra ben altro, è logico, per primo se ne accorge Scoglio, il quale, ripudiando gli studi di un'intera settimana, quando torna in campo ripropone il suo vecchio ed unico disegno: difesa a tre, centrocampo a quattro e Stellone al centro del tridente. E, vivaddio, a questo punto il Napoli si scuote e dimostra di esser vivo. Arriva due volte dalle parti di Turci e trova la forza, il coraggio ed anche la faccia tosta di protestare per due rigori, a suo dire, sacrosanti e non assegnati. Ma la verità è che, se un dubbio c'è per una strattonata a Stellone (7'), 9 minuti dopo è Dionigi che affonda Grandoni e non il contrario. Comunque sia, ora almeno è una partita vera, quella che si vede. E, quindi, anche la Samp non la vive più con la serenità di prima. Ma per attaccare, il Napoli si scopre ed i liguri colpiscono in contropiede. Prima con Flachi, che si beve la difesa azzurra e firma il raddoppio (25'); poi con Valtolina, che non fa gol, ma costringe D'Angelo ad un fallaccio da cartellino rosso; infine con Bazzani, che costringe all'espulsione anche Stendardo. E, per fortuna, praticamente la partita finisce qui.

ORMAI E' CRISI PROFONDA

Un punto in tre partite, un allenatore in confusione, una squadra incapace di reagire. C'è il rischio che la delusione diventi rassegnazione

Ci restano due sconfitte ed un pareggio, un punto in tre partite e la crisi che ora si manifesta nella sua interezza. Rimane questo del Napoli di Scoglio. Ha vissuto per cinque giornate di campionato, mentre nelle ultime tre si è piegato su stesso. Dispiace, ma è così. Il resto sono chiacchiere. È il solito dibattito dei "se" e dei "ma", che non porta nulla, se non altre manciate di livore su un Napoli ormai incapace a sopravvivere. Certo, Scoglio ieri notte l'ha fatta grossa: si è inventato una formazione da trincea, più simile al suo stato d'animo, alla paura di perdere che s'è incollato addosso da qualche settimana, piuttosto che alla realtà delle cose. Ma è pur vero che il Napoli, comunque lo giri e lo rigiri, dovunque lo schieri, dà quello che può. Tre punte, mezza punta, una punta ed un quarto o chissà quale altra diavoleria, non smuovono nulla, non cambiano niente. Il Napoli è immobile nel suo pantano di umori. Aggrappato alla delusione di un anno orribile, che sembra non passare mai. Che dire dopo aver visto i due Napoli di Scoglio? Dopo aver assistito alla versione d'attacco e di difesa, alla ressa di terzini e bomber? Resterà negli occhi soltanto quel fortino assediato e malfermo, quel bunker che doveva essere invalicabile, ma che è caduto subito. Sono bastati tre tiri in porta ed un calcio d'angolo per far crollare la speranza. Ci si aspettava di più dal Napoli, da Scoglio, dai calciatori, dai tanti e vorticosi cambi dirigenziali. Si attendevano forza, coraggio e, soprattutto, risultati. Sono arrivati proclami, liti e rancori, figli di un ambiente, l'intero ambiente, forse già intellettualmente retrocesso. Peccato per chi ha creduto nel piccolo rinascimento napoletano. Per chi, a suon di biglietti e passione, è rimasto vicino al Napoli. Purtroppo, della notte di Genova non restano che questi azzurri di "giallo Puffo" vestiti, piccole sentinelle di una disfatta. Ma bisogna andare avanti, perché le crisi, anche le più forti, vanno risolte. Senza caccia agli untori, ma discutendo, riflettendo anche con conflittualità, perché dal tunnel si esce guardando la luce e non il buio.

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