Tu sei qui: Economia e TurismoNapoli, 8 miliardi o fallisci
Inserito da Il Mattino (admin), giovedì 6 dicembre 2001 00:00:00
Non c'è dialogo, non c'è possibilità di ricucire il rapporto, non si trova una via d'uscita agli ultimi guai azzurri. Pareva che la settimana scorsa dovesse essere quella della definitiva svolta: Ferlaino avrebbe dovuto cedere il suo pacchetto di azioni nelle mani di Corbelli. Il 30 novembre era la data cerchiata in rosso. Nulla di più sbagliato, la data da tenere sotto controllo, oggi, è slittata. Occhi puntati su martedì 11 dicembre, quando si riproporrà al Calcio Napoli (ed ai magistrati della Procura che indagano), la vecchia vicenda Telepiù. In estate la questione sembrava risolta. Il presidente Corbelli (nella foto in alto) si impegnò personalmente a salvare la società, che aveva un debito di dodici miliardi con la tv ed una sentenza esecutiva in favore del creditore. Ci fu un tentativo di pignoramento che fallì miseramente: a fronte di un debito di dodici miliardi, la ricerca del tribunale su conti correnti e ultimi incassi fruttò meno di cinquanta milioni. Intervenne Giorgio Corbelli, si presentò a Telepiù con una proposta: una prima, sostanziosa, somma pagata sull'unghia ed il resto dilazionato in «comode rate». Evidentemente, però, qualcosa non è andata per il verso giusto. Un primo sollecito è arrivato dopo il mancato pagamento della rata di ottobre; un secondo sollecito è arrivato quando anche la rata di novembre è stata disattesa. Poi l'emittente presieduta da Emanuel Gout è stata costretta a rivolgersi nuovamente al tribunale per bussare alla porta del Napoli. Mancano otto miliardi, più o meno. E Telepiù ha messo in moto la macchina della giustizia per far arrivare alla società un atto di precetto: dieci giorni per far fronte al debito (il codice concede un tempo variabile tra i dieci ed i 90 giorni per attivare la procedura di pagamento, e Telepiù si è attenuta al minimo previsto), poi bisogna pagare. E se non ci sono soldi si procede in maniera diversa. Una maniera che può scivolare fino all'orlo del fallimento. Proprio sulla scorta dei problemi economici legati alla vicenda Telepiù, i pubblici ministeri della Procura di Napoli, Lettieri e Barruffo, hanno avviato la scorsa estate un'indagine sui conti azzurri. Quella stessa indagine che la settimana scorsa ha portato le Fiamme Gialle a Soccavo per acquisire l'ultimo bilancio della società. Quell'indagine potrebbe avere un sussulto proprio sulla scorta degli ultimi sviluppi sul «fronte televisivo». E proprio in tv, ironia della sorte, l'altra sera si è consumato un altro atto della tragicommedia azzurra. In diretta nel corso di una trasmissione speciale di Telelibera 63, condotta da Carlo Alvino, sono intervenuti in successione i due soci. Si sono detti tutto quel che avevano da dirsi, si sono accusati reciprocamente. Hanno lavato i loro panni sporchi in pubblico... «Corbelli è inadempiente», ha spiegato Ferlaino. «No, l'inadempiente è Ferlaino», è intervenuto Corbelli. Nella rissa televisiva a distanza (i due soci non sono mai stati collegati contemporaneamente, sicché c'è stato un botta e risposta senza contraddittorio) il presidente Corbelli ha spiegato: «Il 30 novembre doveva avvenire il passaggio di azioni. Io ero in Lussemburgo quel giorno e avevo preparato i denari da versare a Ferlaino; se l'affare non è stato concluso artatamente, le colpe non possono essere attribuite a me». Sulla questione ha risposto dopo qualche minuto l'ingegnere Ferlaino: «So bene come costruisce i suoi discorsi Corbelli. Parte da un concetto non vero e cerca di farlo passare per vero: quando c'è riuscito costruisce le sue deduzioni. Tanto per fare chiarezza sulla vicenda, voglio ricordare che in tempi non sospetti Corbelli disse alla tv che avrebbe pagato 92 miliardi per il Napoli e che ne avrebbe investiti 100 per la ricostruzione del club. L'affare tra noi due, invece, si era chiuso per una somma di 75 miliardi, che, però, era legata alla ricapitalizzazione. Non pretendevo i cento miliardi che aveva annunciato, ne bastavano trenta per tenere in vita la società, almeno fino al giorno in cui il pagamento delle mie quote, dilazionato in tempi lunghi, fosse concluso». E proprio quei trenta miliardi di ricapitalizzazione si sono trasformati in scoglio insormontabile. Prima ancora di cedere le azioni, Ferlaino (nella foto in basso) voleva vedere quei soldi: «Ma io - ha spiegato Giorgio Corbelli - a rigor di legge avevo provveduto alla ricapitalizzazione. La legge mi consentiva di iniziare le procedure con i tre decimi dell'ammontare totale, io ero pronto a farlo». Ferlaino ha spiegato la sua versione: «Al Napoli non bastava una ricapitalizzazione di tre decimi: quei trenta miliardi servivano tutti e servono ancora come il pane. E siccome nel contratto per la cessione delle mie quote c'è un passaggio preciso, che riguarda i trenta miliardi di ricapitalizzazione, ho ritenuto che il mio socio non abbia rispettato quel contratto, per cui è inadempiente». Intanto, Corbelli aveva già spiegato: «L'inadempiente è l'ingegnere, che non ha accettato di prendere i soldi per la cessione delle sue quote e che ha bloccato la ricapitalizzazione del Napoli». Insomma, la solita storia degli ultimi mesi: una storia fatta di litigi e di accuse, di sfoghi e di rabbia. Ma a debita distanza, perché i due soci quando s'incontrano non si parlano o fingono di ignorarsi. È accaduto spesso di recente, e siccome il dialogo s'era fermato, le parole sono passate agli avvocati. Con la paura che, poi, tutto vada a finire in tribunale. Con la preoccupazione che la Procura possa andare avanti con l'indagine. Con il terrore che Telepiù possa arrivare addirittura a chiedere il fallimento. Con la disperazione della gente azzurra. Cinque milioni nel mondo, tutti col fiato sospeso mentre i due soci litigano in tv...
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