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Economia e Turismo

Il Napoli nel baratro

Inserito da Il Mattino (admin), martedì 10 dicembre 2002 00:00:00

Il Napoli è sempre ed ancora lì, ai piedi di una salita che sembra insuperabile. È a terra e, ogni volta che vuole rialzarsi, casca come un piombo sul proprio presente, che sono la zona C, il penultimo posto, i guai che aumentano e le speranze che diminuiscono. Perché, più passano le partite, più i numeri sono negativi: il Napoli non vince da 34 giorni, non segnava dal 17 novembre (ieri solo su rigore), nelle ultime cinque partite ha messo insieme due punti, non ha gioco, non ha schemi, pure il portiere, forse, si sente fuori posizione. La media è da choc. Somiglia terribilmente a quelle delle ultime agghiaccianti retrocessioni dalla A alla B. Allora, un paio di anni fa, la situazione, se non era peggio, era quasi la stessa. Quel "Napolicchio" era arrivato a quota 10, appena due lunghezze in meno rispetto ad oggi. Eppure segnali positivi, ieri, c'erano: timidi, incerti, ma pur sempre segnali. Già, ma i punti? E' questo il nocciolo della questione. I problemi sono la classifica anemica ed i risultati che non arrivano. Ecco perché anche un miglioramento non è più tale, si trasforma in qualcos'altro e va sott'esame, come la formazione e, innanzitutto, come l'allenatore. Diceva un vecchio saggio del pallone: «Negli almanacchi del calcio finiscono solo le vittorie o, tutt'al più, i pareggi, se servono». Ma qui non arriva nemmeno un pari. E per vincere, bisognerebbe uscire da una dimensione che oggi per il Napoli è quella dei perdenti, degli sfiduciati storici. Impauriti, arroccati su stessi, impacciati pure nel proporsi, i poveri calciatori in questo azzurro a bande strette, come il cammino del Napoli, sono lo specchio di come si possa sprofondare in serie C e non accorgersene nemmeno. Ma come è possibile assistere ancora a partite del genere e sperare in una squadra che si impegna, si dà da fare, ma sembra un pugile suonato? E non perché non voglia tirare di boxe, anzi. Qui, per dirla con i pugili, il difetto non è di chi sale sul ring. Il punto debole è altrove: è all'angolo, è di chi deve dettare i tempi ed i modi per combattere, ma, invece di farlo, confonde se stesso e gli altri. È il 78' a Trieste: il Napoli chiama un cambio. Esce Dionigi (nella foto), unica punta, ed entra un ragazzino, Pianese. È la mossa della disperazione? No, è soltanto una delle mosse illogiche di un tecnico solo ed ormai in preda alle proprie angosce.

LA CRONACA

Una doppietta di Fava "stende" gli azzurri, incapaci di produrre gioco ed occasioni. Si salvano solo Sesa e Vidigal

Col sole o con il gelo, il cliché non cambia. E, purtroppo per gli azzurri, neppure il risultato. Nuovo giro, nuova sconfitta, infatti, per questo Napoli sempre più vittima della sua pochezza ed avvilito da una classifica che condanna tutti e che, nell'indifferenza di Naldi, sta scivolando irrimediabilmente, incredibilmente in serie C. Chi ha il dovere di prendere decisioni faccia in fretta, dunque. In quanto al mercato di gennaio, se davvero soldi ci saranno, che si faccia tutto il primo giorno e non l'ultimo, perché sarebbe troppo tardi. La partita? Napoli a tre punte, a due ed un poco? Napoli che vola sulle ali? Insomma, Napoli che offre un disegno nuovo? Ebbene sì, Colomba (nella foto in basso) il disegno lo rivede, ma tra quello che forse ha in mente lui e quello che, poi, realmente succede in mezzo al campo, ci deve essere una bella differenza. Altrimenti, si dovrebbe pensare ad una suicida superblindatura per non schiodare il risultato dallo 0-0. Ma non è così, il Napoli vuole giocarla la partita, però s'«abbassa» troppo. Ovvero, Saber e Ferrarese frenano la corsa sulle fasce e, soprattutto, Sesa, da mezzapunta e spalla di Dionigi, finisce per diventare soltanto il mediano più avanzato. Con la conseguenza inevitabile e scontata che il Napoli gioca ad una punta sola e, cosa assai più grave, isolata in mezzo alla difesa avversaria. E poiché dall'altra parte c'è una squadra che rincorre un primo posto in serie B che le manca dal '59 e che sa cercare e trovare la profondità, la strategia napoletana va in fretta a farsi benedire. Anche perché Zanini è bravo a trasformare in assist per Fava un tiraccio sballato di Masolini ed a sua volta l'ex napoletano a non sbagliare da due passi. Capitola, dunque, il portiere azzurro, che poco prima (5'), proprio su Fava, aveva miracolosamente provveduto dopo un altro buco dei centrali azzurri. Napoli sotto, ma Napoli al quale non basta, non può bastare la sola disponibilità al gioco ed al sacrificio di Sesa e Vidigal per risalire. Tutto il bottino che la squadra riesce a mettere da conto, infatti, è un calcio franco di Sesa, che Pagotto para a terra. Colpa sua più che della Triestina, che ormai gioca in contropiede, mentre il Napoli s'appiattisce su inutili lanci alla sua sola punta, oppure su sfiancanti galoppate di questo o quell'azzurro, con puntuale errore nel finale. E non è tutto, perché, praticamente al pronti via del secondo tempo, la Triestina, ovvero Fava, trova un altro spazio in mezzo ai difensori ed aggira (4') anche Mancini, prima di firmare la doppietta personale. Tutto deciso, tutto finito? L'Alabarda in cima ed il Napoli a rotoli? Beh, così sembra. Ed invece il Napoli reagisce, seppure a fatica trascina il pallone in area della Triestina, dove Ferrarese trova il piede galeotto di Ferri, che (8') regala il calcio di rigore. Dionigi sul dischetto e palla in porta. Il che vuol dire che in un certo senso la partita si riapre. Così spera Colomba, che tira via Troise per far posto a Floro Flores (che spreca una grande occasione al 22', quando, col portiere fuori gioco, manda il pallonetto lontano dai pali) e poi richiama anche Dionigi per affidarsi - mosso dalla disperazione, forse - al giovane Pianese. Più in là, nel finale ormai, fuori anche Sesa per il più fresco Montezine. Ma il pari, anche il pari, resta purtroppo un'illusione.

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