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Economia e Turismo

Il Napoli ad una nuova svolta

Inserito da Il Mattino (admin), lunedì 3 marzo 2003 00:00:00

C'è una specie di barometro nel calcio: misura passione ed umori. Quello del Napoli da qualche giorno s'è fermato sul depresso andante. Il barometro è un botteghino. Lì la voglia di esserci si trasforma in biglietti venduti, poi in spettatori e poi ancora in entusiasmo. Al San Paolo, stasera contro il Bari, si prevede poca, pochissima gente. L'onda azzurra che ha accompagnato il Napoli sembra scemare, diminuire, forse diventa un rivolo. Insomma, il Napoli torna ad essere un grande affetto, ma solo e soprattutto per i 10mila abbonati. È un segnale e per questo bisogna tenerlo in dovuto conto. Anche perché il momento non è bello, anzi, la sconfitta di Cosenza è stata addirittura peggio di quanto si potesse immaginare. Ha portato incertezze, cali d'amore e pure un senso di impotenza dinanzi al cammino di questo Napoli. Certo, motivazioni per sprofondare con l'animo così in basso esistono, ma forse non sono ancora tali da indurre ad un atteggiamento di preoccupato distacco. Servirebbero forza e tenacia ben oltre la difficile posizione in classifica (anche ieri non è accaduto un granché a favore del Napoli) ed al di là di una squadra che, in casa e fuori, somma su di sé i difetti di sempre. È svogliata, spesso non mette insieme né gioco e né gol, insomma, diventa un rompicapo. Scoglio deve accorgersi di questo e deve subito porre rimedio. Anche perché il tempo degli esperimenti sta per finire. Schieri la formazione che ritiene migliore, metta da parte chi è fiacco di idee e di gambe, capisca che scegliere non accontenta mai tutti, ma bisogna pur farlo. E poi, dia alla squadra una traccia, un'organizzazione, un metodo tattico, altrimenti vinceranno solo i timori e con essi la confusione e la paura. Infine bel gioco: se ci fosse, l'avremmo visto e saremmo tutti contenti, ma non c'è. E non c'è nel 90 per cento del calcio italiano. Quindi, al Napoli tocca fare risultati e classifica, comunque e dovunque. L'importante è fermare il calvario in campo, perché di altri calvari (quelli giudiziari e societari, purtroppo, ci sono e sembrano perenni), di altri patemi, non se ne avverte il bisogno. Dunque, il Napoli e Scoglio riprendano da stasera a fare punti, perché nel calcio, in questo nostro calcio, i punti si contano, non si giudicano.

IL SOGNO DI FLORO FLORES

«Vorrei essere il nuovo Careca. E' sempre stato il mio idolo ed il mio modello»

Il momento della verità è quello in cui l'allenatore si raccoglie con la squadra e snocciola gli 11 nomi della formazione. Un rito che, per tenere tutti sulla corda, Scoglio celebra solo poco prima della gara. Certo, spesso è già tutto scontato, tutto risaputo. Spesso, riguardando il film della settimana, ognuno già sa tra campo e panchina quale sarà il suo posto. Eppure, quel momento si porta sempre dietro un'emozione. «È come a scuola. Ma giusto all'incontrario», spiega Floro Flores, 19 anni ed una carriera ancora tutta da scoprire. «A scuola, 9 volte su 10 speri che il professore non faccia il tuo nome, che non ti chiami, che non ti interroghi, insomma. Qui, almeno per me, l'attesa si carica di identiche tensioni. Qui aspetti che l'allenatore ti chiami, che dica il tuo nome, che non ti lasci fuori». E poi? «E poi, se sei tra primi 11, anche se avresti voglia di urlare e di abbracciare l'allenatore per la gioia, per rispetto nei confronti di chi va in panchina devi restar serio». E se, invece, resti fuori? «Resti ugualmente serio, ma smoccoli dentro, in silenzio, perché a nessuno piace l'esclusione. Per chi gioca a calcio, la cosa peggiore è stare a guardare gli altri in campo. Anche perché fuori c'è più sofferenza». Quindi, a lei capita spesso di "smoccolare dentro"? «Mi capita. Mi è capitato. Poi ho capito che, dopotutto, alla mia età è anche giusto aver pazienza. Ma non lo nego: ogni volta che entro in campo per l'allenamento, lo faccio con la voglia di mettere in difficoltà l'allenatore. "Deve accorgersi di me", "devo convincerlo che scegliendo me non sbaglia", dico a me stesso. E mi impegno, corro, tento di fare quello che lui chiede». E proprio per questo, forse, dopo un periodo passato un po' così così, Floro Flores è riuscito a ritrovare spazio nei pensieri dell'allenatore. Logico pure, visto che in questo momento, in una squadra che non ha lo scatto, è tra i pochi ad avere il cambio di passo e la rapidità nel tratto breve che precede il tiro. Che Scoglio, quindi, lo consideri una variante interessante del suo gioco è anche normale. Anche se agli attaccanti di fascia il professore chiede sempre un sacrificio in più. «Attaccare e difendere anche? Andare avanti e poi rientrare a metà campo? E che problema c'è - replica il ragazzo - l'ho già fatto. Dopo le partite col Messina e con l'Ancona, Scoglio mi fece anche i complimenti». Pronto a ripetere quell'esperienza, dunque? «Prontissimo. Io ci metto l'impegno, la voglia, il desiderio. Il resto tocca all'allenatore. È lui che tira le somme e sceglie. Ma se vuole, sappia che sono pronto», afferma il giovanotto con l'aria di chi sa quello che vuole ed anche quello che può dare. «Certo, sarebbe bello entrare in campo dal primo minuto, ma, se anche dovesse capitare di giocare a partita già iniziata, non farebbe differenza». Passati, quindi, i giorni della delusione. Dell'esclusione assai mal digerita? «È vero, per come era cominciata la stagione, speravo di giocare con più continuità, ma non mi lamento. Ho capito che l'interesse generale conta assai più di quello personale. Ed allora, aspetto. E sogno». Sogna? E qual è il sogno di un napoletano giovane ed attaccante, che va in campo con la maglia azzurra? «Per pudore, non lo dico», replica. Ma il muro di pudore crolla al secondo colpo. «Vabbe': il mio sogno - confessa Floro Flores - è tornare in A con il mio Napoli ed essere il nuovo Careca della squadra». Il nuovo Careca? «Sì, il nuovo Careca, perché lui è stato e resta il mio idolo. Se mi è permessa un po' di presunzione, il mio modello».

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