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Cronaca

Massimo Buchicchio "boccia" la visita cavese di Carlo di Borbone

Inserito da (admin), lunedì 22 ottobre 2012 00:00:00

Ho appreso la notizia della venuta a Cava dell’erede dei Borbone di Napoli con molto interesse e compiacimento. Ci troviamo al cospetto dell’erede di un casato che, a cominciare da Francesco II, ha saputo riscattare la parte più ignominiosa del proprio passato di regnanti sul trono di Napoli. A differenza dei Savoia, gli eredi dei Borbone hanno un grande rispetto per lo Stato italiano, tanto che Carlo di Borbone è stato insignito della Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana.

Ma ciò che non mi piace è il modo con cui è stato organizzato l’evento. Mi sembra che il solo echeggiare del cognome Borbone ha risvegliato nella nostra città i comportamenti sanfedisti che furono ispirati dal Cardinale Fabrizio Dionigi Ruffo. Il movimento della “Santa Fede” ebbe facile presa sul popolo più umile.

Sabato 20 ottobre S.A.R. è stata accolta al Palazzo di Città dal sindaco Marco Galdi, che lo ha salutato a nome della cittadinanza cavese e gli ha presentato l’antica “Pergamena Bianca”. Fin qui niente di male. Ma qualcuno avrà detto a Carlo di Borbone che la Pergamena Bianca fu donata alla città de La Cava da Ferrante I d’Aragona, che sconfisse proprio un suo ascendente, Giovanni d’Angiò? Forse non tutti sanno che il casato dei Borbone ebbe origine da Roberto di Cleremont, sesto figlio di Luigi IX, re di Francia, “il Santo” e, quindi, nipote di Carlo I d’Angiò, che diede origine al ramo angioino di Napoli.

Dopo la predetta cerimonia è seguito il corteo fino al Santuario di San Francesco e Sant’Antonio, dove il Principe Carlo ha ricevuto le chiavi della città in atto simbolico. Dopo solenne celebrazione eucaristica, con successivo lancio del botafumeiro, Sua Altezza Reale ha offerto un suo dono alla statua di San Francesco. E poi, finale di giornata nel chiostro con il taglio della “Torta reale” e lo spettacolo pirotecnico “Luci, fuochi e colori al cielo”.

Mi ritorna così alla mente ciò che scrisse Alexandre Dumas: “Settembre è uno dei belli mesi di Napoli. Il 22 settembre era una delle belle giornate del mese. Un cielo d’un azzurro color di turchino serviva di volta ad un mare limpido leggermente increspato dalla brezza che veniva da Portici e dal ponte della Maddalena. A Mergellina tutto il popolo vestito a festa copriva la spiaggia, divorando con gli occhi lo spettacolo che davagli il re e la regina. Forca, Farina, Feste, diceva Ferdinando, con tre F, e nel 1815 (egli ne aggiungeva una quarta) con la forca, la farina e le feste io governo Napoli”.

Ed a questo punto non mi resta che risvegliare gli ideali che animarono i fratelli Pisacane, Luigi Settembrini, Luisa Sanfelice e tanti altri patrioti fino a giungere al garibaldino frate francescano Giovanni Pantaleo, che nel 1860, di passaggio per Cava con Garibaldi, non mancò di visitare il nostro santuario francescano.

Frate Giovanni era di umili origini. Prima di unirsi a Garibaldi, aveva preso a 16 anni gli ordini francescani da frate riformato. Studiò filosofia al convento di Salemi ed a 22 anni fu ordinato sacerdote. Si laureò in teologia a Trapani ed in filosofia a Palermo. Per le qualità mostrate, per breve tempo insegnò filosofia morale al seminario arcivescovile di Palermo. Fu predicatore a Naro, presso la Chiesa di Santa Maria di Gesù.

Massimo Buchicchio

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