Tu sei qui: CronacaMario Amabile, un cavese indimenticabile
Inserito da Il Mattino (admin), mercoledì 8 gennaio 2003 00:00:00
Mentre la città si appresta a ricordare Mario Amabile con lo scoprimento, sabato 11 gennaio, di un busto bronzeo a Palazzo di Città (nella foto), dono della Banca Popolare dell'Emilia Romagna, il figlio Giovanni ne tratteggia il profilo. Attraverso le sue parole, prendono forma e realtà comportamenti, azioni, attività di un uomo che dedicò se stesso all'imprenditoria, alla famiglia ed alla sua città. «Fu un uomo di grande intelligenza. Laureatosi giovanissimo, si impose per la sua preparazione e la grande capacità organizzativa. Seppe leggere i segni dei tempi, partecipò al dramma della guerra, ne visse i dolori, la voglia di riscatto». Valori ed ideali il suo credo...«Si irradiavano da lui, perché connaturati e quotidianamente vissuti e difesi, i grandi ideali e valori della vita dell'uomo, praticati con fermezza e convinta fedeltà. Fu il punto di riferimento per noi, per i suoi collaboratori e per tutti quelli che ebbero rapporti con lui. La sua capacità di donarsi lo conduceva a vivere profondamente i problemi degli altri. Nessuno è andato via senza aver colto la grande condivisione che lo animava. Questo era papà». E l'imprenditore? «Portò nel mondo degli affari la sua umanità, il senso della giustizia e della solidarietà. Seppe cogliere il senso del tempo. E la Compagnia Tirrena ne è stato il segno più forte: riscosse consensi e successi». Cosa rappresentava il Credito per lui? «Era la sua famiglia. Si sentiva parte integrante del progetto del nonno Antonio, fondatore unitamente ad Alfonso Siani. Ne volle continuare il clima, lo stile e, soprattutto, le motivazioni per le quali la banca era stata istituita: ancorata al territorio e per la gente. In tutti questi anni il Credito Commerciale Tirreno, attraverso i suoi uomini, Ferrazzi, Criscuolo, Raimondi, Di Bella, Pepe, Roma, Della Rocca, è stato sempre la banca in cui i cavesi si riconoscevano». E Mario Amabile marito, padre e nonno? «Fu un marito dolcissimo, un padre stupendo, un nonno affettuosissimo. Era la luce degli occhi dei nipoti, come lo erano loro per lui. Pur nella molteplicità dei tantissimi impegni, seppe trovare sempre lo spazio per la famiglia. Per noi figli, Paolo e Giulio, divenuti suoi collaboratori, fu un continuo esempio». Il suo amore per la Badia? «Studiò in Badia e l'amò molto. Era la sua casa. A riprova i doni: il portone di bronzo d'ingresso, i due splendidi volumi sulla miniatura cavese ed il primo volume della monumentale storia della Badia».
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