Tu sei qui: CronacaManifattura Tabacchi, una morte annunciata
Inserito da (admin), lunedì 2 febbraio 2004 00:00:00
Appello per salvare la Manifattura Tabacchi. Se ne è fatto interprete il senatore Vincenzo Demasi con un'interrogazione al ministro Tremonti. Dopo l'esodo volontario e forzato di molte unità, la Manifattura Tabacchi, un tempo vanto e soprattutto forza economica della città, rischia di chiudere i battenti. Con essa morirebbe una memoria storica della città, una tradizione. Il senatore Vincenzo Demasi ha chiesto di conoscere quali attività intende svolgere il ministro per scongiurare la possibilità di riduzione del personale impegnato nella lavorazione presso l'opificio di Cava. Il processo di ristrutturazione avviato dall'Eti rischia di determinare la chiusura della Manifattura di Cava. Il personale ormai è ridotto al minimo, il trasferimento nell'ex Agenzia stenta a realizzarsi. Ed intanto, i locali dell'opificio di viale Crispi dovranno essere restituiti entro il 2004 al Comune di Cava de'Tirreni. Una situazione estremente delicata. Di qui l'interesse del senatore di An, che si è voluto fare carico responsabilmente del disagio degli operai e, soprattutto, di una città che vede a rischio una sua forza economica. Purtroppo, quella della Manifattura Tabacchi di Cava sembra una morte programmata da tempo. A nulla sono valsi i tentativi avviati già dagli anni '80 dal sindaco Abbro, proseguiti poi da Angrisani, Ferraioli, Fiorillo ed oggi dallo stesso Messina. «É una morte - dichiara una delle operaie - decisa e voluta nello stesso momento in cui pensarono di incrementare al massimo le operazioni di ristrutturazione dell'opificio di Lucca. Eppure, il prodotto cavese è uno dei migliori. Oggi, forse, con le nuove foglie congelate il prodotto ha perduto qualcosa che era tipico del toscano, del toscanello e del garibaldi, e diremmo la peculiarità della lavorazione del tabacco da parte delle nostre tabacchine guidate dalle maestre, delle quali oggi esiste solo il ricordo». Negli ultimi tempi a Cava era stato sperimentato un nuovo sigaro, quello all'anice, al caffè ed altri sapori. «Ma io preferisco il toscano ed assaporare i sapori asprigni del tabacco», afferma uno dei fumatori incalliti, Alfonso Bevilacqua, docente in pensione. L'opificio cavese ha una storia che risale agli inizi del '900. Per circa tre quarti di secolo ha costituito una realtà nell'economia della città. La stessa vita era scandita dal suono della tufa che annunciava al mattino l'inizio del lavoro e nel pomeriggio la fine. Le famiglie regolavano la vita con quello squillo. Poi l'inizio della crisi, frenata, ma non scongiurata. Oggi si rischia di arrivare al capolinea se non interverranno decisioni forti. E tra le prime, l'ultimazione dei lavori per il trasferimento in via Atenolfi presso l'ex Agenzia, e poi chiarezza sul futuro. «Vorremmo sapere - ci si chiede tra gli operai - quale sarà il nostro futuro. Si parlava di nuove assunzioni, ma esse tardano e non sono nella misura attesa. Fino al 97-98 il problema era all'attenzione delle forze politiche comunali, ma in questi ultimi tempi pare che anche esse abbiano ceduto alla rassegnazione».
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