Tu sei qui: CronacaIl caso Di Mauro in Parlamento
Inserito da (admin), martedì 3 maggio 2005 00:00:00
È arrivata sul tavolo del Governo ed in Parlamento la vicenda della chiusura delle "Arti Grafiche Di Mauro". Il vice-presidente del gruppo di An alla Camera dei Deputati, Edmondo Cirielli, denuncia il pericolo di speculazioni edilizie o commerciali, legate alla grande distribuzione, sulla crisi della storica azienda cavese dopo quasi 120 anni di attività: "L'idea ed il pericolo che dietro tutto ciò si celi una speculazione deve essere respinta e combattuta da tutte le forze politiche. In maniera particolare, Regione, Provincia e Comune devono garantire che sulla zona non sarà dato il permesso né di costruire civili abitazioni, né di impiantare centri commerciali. Le istituzioni e la politica non possono certo influire sull'andamento del libero mercato, ma non devono favorire furbate da parte di manager poco illuminati sulle spalle degli operai". Una possibilità potrebbe essere il subentro di altri imprenditori. "Ho garanzie - afferma l'on. Cirielli - da parte di Pasquale Viespoli, sottosegretario al Ministero del Lavoro, e di Gaggioli, presidente di Sviluppo Italia, che il Governo può intervenire per agevolare il subentro di altri imprenditori per rilanciare l'attività. Se questa dirigenza non è in grado di proseguire nella gestione, si faccia da parte senza pensare di lucrare sulla vendita dell'immobile. Il lavoro, quello vero, e gli operai vanno salvaguardati e An farà la sua parte ad ogni costo". Un'interrogazione urgente ai ministri del Lavoro e delle Attività produttive è stata presentata da Andrea Annunziata, parlamentare della Margherita, per chiedere l'intervento diretto del Governo a tutela dei 120 lavoratori, che dall'oggi al domani si sono trovati senza lavoro. "Le notevoli esperienze e le enormi professionalità presenti in questa gloriosa azienda non possono essere mortificate da condotte aziendali che appaiono a dir poco sorprendenti, alla luce dei recenti investimenti effettuati dal gruppo Di Mauro con l'ausilio di sostanziosi finanziamenti pubblici. La chiusura di una delle ultime risorse occupazioni della città - afferma Annunziata - rappresenta un danno incalcolabile all'economia di un territorio già investito da una profonda crisi occupazionale ed esposto, anche per questo, ai rischi di devianza che la disoccupazione può creare". Questa mattina, intanto, incontro tra sindacati, proprietà ed amministratori comunali presso il Palazzo di Città. Poche le possibilità di una piena ricollocazione dei 120 dipendenti nell'ambito delle altre due aziende della famiglia, che sono entità distinte e non parti di una holding, ma si parla di salvare, attraverso la realizzazione di un'altra azienda, il settore litografico con 30 addetti.
Romaldo: "Decisione dolorosa, ma l'unica possibile"
L'ing. Alfonso Romaldo, amministratore delegato della "Di Mauro", vive con tristezza il dramma della chiusura dello stabilimento. Ha lottato sino alla fine. Ha resistito tenendo in piedi una situazione già precaria, poi si è dovuto arrendere. É di giovedì scorso l'atto finale, quando in un incontro all'Assindustria è stata posta la parola fine all'attività. Una strada senza ritorno. Da una parte la perdita del posto di lavoro per dipendenti e dall'altra il crollo di una storia, di un mito, di un'industria nel Mezzogiorno. É dal 1896 che diventarono un punto di riferimento i nomi di Emilio Di Mauro, di Antonio ed Armando. Poi la crisi, ora la fine. Alfonso Romaldo avverte l'atmosfera, ma non si sottrae: "Annunciare la cessazione dell'attività è il momento più triste e doloroso per ogni azienda. La "Emilio Di Mauro", che si trova costretta ad interrompere una storia lunga oltre 100 anni, fedele alla tradizione di correttezza e trasparenza, anche in questa non felice circostanza intende fornire la ricostruzione degli avvenimenti". Un intento, il suo, perché l'opinione pubblica prenda conoscenza delle difficoltà che hanno portato alla chiusura dello stabilimento. Una serie di dati e date, fatti, avvenimenti, che hanno determinato il gesto finale. "L'azienda ha subito nell'ultimo biennio una drastica riduzione del fatturato che non è riuscita a compensare, pur aggredendo nuovi segmenti di mercato". Eppure, erano stati fatti tentativi con il versamento a capitale di 1.400.000 euro e la riduzione della forza lavoro attraverso la messa in mobilità di 17 lavoratori e l'inserimento di lavoratori in cassa di integrazione straordinaria. "Purtroppo - continua Romaldo - gli effetti non sono stati quelli sperati. Anzi, nei primi mesi del 2005 hanno fatto registrare la perdita di altre commesse, compromettendo in modo irreversibile la realizzazione del budget programmato. Il carico si era fatto pesante, le risorse disponibili non erano sufficienti ad alimentare correttamente il ciclo produttivo, la conferma dell'andamento negativo dei conti nel primo trimestre del 2005 e l'aggravarsi della crisi dei mercati di sbocco, hanno determinato la mancanza assoluta di prospettive. Di qui la decisione finale". Dolorosa, ma ancora una volta onesta e trasparente. La proprietà si è preoccupata di garantire il totale soddisfacimento dei debitori. "Stante l'andamento negativo dei conti, la continuazione dell'attività avrebbe portato rapidamente all'erosione del capitale ed alla impossibilità di consentire un adeguato soddisfacimento dei creditori". Molte le cause che, unite tutte insieme, hanno portato alla crisi ed alla sua accelerazione: la progressiva abolizione del biglietto aereo, la sopraggiunta impossibilità di esportare nei Paesi extraeuropei per lo sfavorevole rapporto del cambio euro-dollaro, la concorrenza sul mercato internazionale di aziende cinesi, la scarsa competività sul mercato nazionale. "Cause che, unite, hanno accelerato un trend già da tempo negativo, che non è stato possibile invertire", conclude Romaldo.
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