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Cronaca

Attentato alla ditta di trasporti ‘Sorrentino'

Inserito da Il Mattino (admin), mercoledì 8 gennaio 2003 00:00:00

Il virus del racket dilaga ed ora colpisce anche Cava: autobus incendiati (nelle foto di Angelo Tortorella) ed un pitbull "impiccato" per colpire Antonio Sorrentino, titolare di una ditta di trasporti. È l'ultimo colpo nel giro di pochi giorni in cui il fuoco della criminalità ha colpito l'intera provincia. Sabato scorso è finito in fiamme il deposito della ditta conserviera "La Pomilia" in via Wenner, zona industriale. Rogo nel capannone di proprietà della famiglia Salzano: calore e fumo nero invadono le strutture circostanti. A distanza di sole 24 ore si consuma l'attentato intimidatorio nei confronti di Raffaele D'Angelo, assessore all'Urbanistica del Comune di Sarno: l'auto parcheggiata sotto casa viene incendiata. Qualche giorno prima, nella notte di San Silvestro, a Pagani, le fiamme hanno invaso la fabbrica di articoli casalinghi "Russo", causando danni per circa due miliardi e mezzo di vecchie lire. Stamattina, nelle stanze della Prefettura, si riuniscono i massimi vertici delle Forze dell'ordine in un comitato straordinario proprio per discutere l'emergenza racket. Intanto, però, gli uomini della malavita non si fermano: ieri mattina è arrivata la notizia dell'ennesimo attentato incendiario. Sono da poco trascorse le sei e Cava de' Tirreni viene svegliata dalle fiamme. Antonio Sorrentino, contitolare, insieme ai suoi due fratelli, della ditta di trasporti e noleggio "Sorrentino", esce di casa ignaro di quello che lo attende. Nel deposito di Santa Lucia, dove sono custoditi i pullman, è stato appiccato il fuoco. Sulla strada, fuori della recinzione, un pullman di 55 posti è ridotto ad una carcassa di cenere. Il rogo si è propagato anche all'automezzo che lo precede. Distrutto dalle fiamme pure un altro pulmino, di 25 posti, parcheggiato qualche metro più avanti, sull'altro versante della strada. All'interno del deposito il rogo ha divorato altri due pullman di 25 posti ciascuno. Ma non è finita. In un angolo a destra l'altro ritrovamento: il cane di guardia, un pitbull nero, è stato impiccato, legato con la sua stessa catena. Il suo corpo è carbonizzato. Una scena davvero raccapricciante. L'opera di spegnimento è difficoltosa: lavorano due squadre dei Vigili del Fuoco di Salerno. Sedato l'incendio, i "caschi rossi" e gli agenti della Polizia locale, diretti dal vicequestore Sebastiano Coppola, cercano indizi per risalire alle cause dell'incendio. Appare chiara da subito l'origine dolosa. Se si fosse trattato di un incendio accidentale, infatti, non ci sarebbe stato quello strazio: cinque pullman lontani gli uni dagli altri e poi l'impiccagione del cane. Il movente? Forse i Sorrentino avevano ricevuto richieste di pagamento, magari non volevano accettare nuovi taglieggiatori, forse davano fastidio ad altre ditte che operano sul territorio. «Stiamo indagando - precisa il vicequestore Sebastiano Coppola - a 360 gradi. Sono aperte tutte le piste. Al momento, escludiamo come movente il racket o sgarbo di concorrenti». I proprietari sono stati ascoltati dagli inquirenti. Nel corso della loro testimonianza hanno negato categoricamente di aver ricevuto qualsiasi tipo di pressione o minaccia. «Il cane da guardia - precisano gli agenti - andava neutralizzato. Anziché un segno, sembra essere più che altro un espediente per agire indisturbati». Secondo una prima ricostruzione, i criminali si sarebbero calati dal retro e, attaccandosi alla corda che legava il cane, lo avrebbero aizzato fino a strozzarlo. Scartate le ipotesi del racket e della concorrenza, gli inquirenti sembrano intenzionati a seguire altre piste. Adesso si tenta di capire come sia avvenuta l'esplosione. Due le ipotesi al vaglio degli investigatori: l'incendio è stato appiccato contemporaneamente dentro e fuori al deposito e ad agire sarebbero state più mani, oppure i mezzi sarebbero stati fatti saltare in aria in successione.

«SONO DEI MALEDETTI CRIMINALI»

Sconvolta la famiglia Sorrentino, che esclude categoricamente di aver ricevuto minacce o richieste di danaro

Non basta l'arrivo alla spicciolata di tutti i parenti e gli amici per cancellare lo sconforto. Non c'è niente che riesca a frenare quel senso d'impotenza, misto a rabbia, che ha colpito la famiglia Sorrentino, da anni nel settore del trasporto e dell'autonoleggio: «Non abbiamo parole. Hanno ridotto in cenere - è il loro primo commento - tutto il nostro lavoro: la nostra vita». Davanti al corpo quasi carbonizzato del loro pitbull, impiccato con la sua stessa catena e bruciato dalle fiamme del rogo, uno dei tre fratelli, Antonio, con la voce rotta dalle lacrime, non si trattiene: «Sono dei criminali. Cosa vogliono da noi? Abbiamo sempre lavorato onestamente. Ormai, non si può vivere più tranquilli». A tutti quelli che chiedono cosa sia accaduto non nascondono i loro terribili sospetti: «Cosa è successo - ripetono con un sorriso amaro - è evidente. I quattro mezzi incendiati erano distanti gli uni dagli altri. È stato un attentato». Nessun accenno al movente, quasi a voler scacciare il fantasma del racket: «Non abbiamo ricevuto richieste di denaro. Non sappiamo chi possa essere».

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