Tu sei qui: Cronaca‘Aspettando la Disfida'
Inserito da La Redazione (admin), martedì 1 luglio 2003 00:00:00
L'evento si avvicina a grandi passi. In città, e non solo in seno ai Gruppi Trombonieri, già si avverte il clima di attesa e di sana tensione che contraddistingue i giorni immediatamente precedenti la manifestazione. La Disfida dei Trombonieri, d'altronde, è un evento che, oltre a coinvolgere direttamente quasi un migliaio di figuranti, mobilita ed appassiona una città intera. Per farvi entrare appieno nel clima dell'attesa manifestazione, vi proponiamo uno "speciale" in due puntate: "Aspettando la Disfida". Un modo per sviscerare tutti gli aspetti, anche quelli più reconditi e meno conosciuti, della Disfida dei Trombonieri. D'obbligo dedicare il nostro primo appuntamento a quello che, in fondo, è l'autentico protagonista della competizione: il pistone. Dallo schioppo all'archibugio, per arrivare al pistone (o trombone): tutta l'affascinante evoluzione di un'arma che molti cavesi quasi venerano, tramandandone la tradizione e l'amore di generazione in generazione.
L'ARCHIBUGIO ED IL TROMBONE
L'archibugio deriva dall'elaborazione e dall'evoluzione dello "schioppo", in uso col perfezionamento della polvere da sparo ad opera del monaco benedettino Bertoldo Schwarz nel 1354. Il suo nome proviene dal tedesco "hakenbuchse" (cannone ad uncino). Infatti, per il peso della canna, che era di bronzo e lunga, c'era una forcella che la sosteneva e che permetteva un facile puntamento. Da questo è derivato il trombone, che si differenzia dall'archibugio per la lunghezza della canna, che è più corta e che si allarga verso la bocca, così da assomigliare ad una tromba. In realtà, tale imboccatura consentiva un facile caricamento anche di notte, senza spreco di polvere. Tale arma era usata tatticamente per la difesa dei fossati delle fortezze. Il trombone, a seconda delle Regioni, veniva differentemente chiamato pistone, per il suo modo di caricamento (pestare), oppure spazzacampagna o spazzafosso, per l'effetto del suo uso. Il pistone (così viene correntemente chiamato a Cava) ha un peso medio di 12 kg; la carica è costituita da polvere nera (salnitro 75% - zolfo 12,5% - carbone 12,5%). A pistone scarico, è inserita nella canna un'asta cilindrica, generalmente di legno, con un'impugnatura di ottone, chiamata correntemente "spolvera", che serve per pressare la polvere e la carta nella fase di caricamento. Lo scoppio avviene mediante una capsula d'innesco a fulminato di mercurio, azionata dal cane. Nel corso delle varie epoche c'è stata una forte evoluzione nel perfezionamento dell'arma, con particolare riguardo al meccanismo d'innesco. Iniziato mediante miccia, esso è stato via via perfezionato, prima con l'acciarino a ruota (elaborato a Norimberga nel 1517), poi con l'acciarino a focile (che usava una scaglia di selce), infine con quello a percussione, che ben presto soppiantò tutti gli altri. Ciò fu possibile per la scoperta, avvenuta a Londra, da parte di un chimico, l'Abate Forsyth, che a partire dal 1808 commercializzò liberamente il fulminato ed il meccanismo nuovo che lo utilizzava.
IL PISTONE
Nel corso della Festa di Monte Castello, della Disfida dei Trombonieri ed in seno ai Gruppi storici dei vari Distretti di Cava de' Tirreni, all'unisono, il pistone viene indicato quale "arma ad avancarica del XVI secolo", abilmente costruita da armaioli cavesi. Si ritiene che l'arma derivi dal più famoso "archibugio", a quel tempo in "dotazione" alle milizie lanzichenecche che nel 1537, al seguito dell'Imperatore Carlo V, attraversarono il territorio della Città de la Cava. L'arma, nei primi secoli di produzione, era munita di una scheggia di silice, la "pietra focaia", che, abbassata con forza per il tramite di una molla, percuoteva una piccola parete d'acciaio, creando una "sorgente di fuoco" sotto la quale si trovava il "focone" o "scodellino", contenente la polvere che si incendiava a causa delle sprizzanti scintille. Con l'invenzione delle capsule contenenti fulminato di mercurio, avvenuta nei primi anni dell'Ottocento, gli artigiani cavesi apportarono le dovute modifiche al pistone, affinché l'accensione delle polveri facilitasse lo sparo dell'arma. Dalla sua creazione il pistone, gelosamente "tramandato" da padre in figlio, ha scritto mitiche pagine di storia della città di Cava, creando la leggendaria figura del pistoniere o tromboniere, oggi rievocatore di nobili ed eroiche gesta del popolo cavese.
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